Home>farmacie_news>La farmacia nell’era COVID-19 sempre più al centro della rete assistenziale. Dal progetto “zero eventi cardio cerebrovascolari” conferme del ruolo strategico delle farmacie nella rete territoriale dell’assistenza

Comment to Giovambattista Desideri

Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università degli Studi dell’Aquila

La recente pandemia da Severe Acute Respiratory Syndrome – Coronavirus – 2 (SARS-CoV-2) ha completamente ridisegnato gli scenari assistenziali definendo due principali aree in intervento. Da una parte l’assistenza in urgenza/emergenza ai pazienti con COrona VIrus Disease – COVID-19 più gravi all’interno delle strutture ospedaliere, dall’altra uno spostamento pressochè completo a livello territoriale delle prestazioni assistenziali per le forme meno severe di COVID-19 e con esse di tutte le patologie croniche che, ovviamente, non sono sparire con l’arrivo dell’epidemia. I ricoveri non-COVID, invero, si sono sostanzialmente azzerati nel giro di un paio di settimane dal momento in cui la pandemia ha varcato i confini del nostro Paese e le prestazioni ambulatori non urgenti sono state sospese per limitare al massimo gli spostamenti di persone e centralizzare ogni sforzo assistenziale sull’emergenza COVID-19. Tutta l’assistenza per le patologie non-COVID, ben più diffuse dell’infezione da coronavirus SARS-CoV-2, è stata dall’oggi al domani completamente “ribaltata” nel territorio. Prova ne è l’impegno enorme profuso dai medici di medicina generale per assistere i loro pazienti.

Mentre i riflettori erano tutti puntati sulle strutture di terapia intensiva e di rianimazione e sulle tante “degenze COVID” spuntate dal nulla per fronteggiare l’emergenza, questi professionisti della medicina territoriale hanno garantito una adeguata assistenza sanitaria ai pazienti con patologie croniche: dall’ipertensione alla broncopneumopatia cronica ostruttiva, dal diabete mellito, alle dislipidemia e alle malattie cardiovascolari. Non meno rilevante è stato il ruolo di tanti giovani medici “arruolati” nelle Unità Speciali di Continuità Assistenziali-USCA con il compito di supportare la rete sanitaria territoriale con interventi direttamente a domicilio nell’assistenza ai pazienti COVID-19, dimessi dalle strutture ospedaliere o mai ricoverati, con bisogni di assistenza compatibili con la permanenza al domicilio, e per la cura a casa di pazienti con sintomatologia simil-influenzale, di cui non era stata certificata l’eventuale positività ma che dovevano essere considerati come sospetti casi COVID.

Questi giovani colleghi hanno messo sul campo robuste conoscenze cliniche, un grosso impegno emotivo e tanta voglia di fare.

Le farmacie si sono trovate coinvolte appieno nella gestione di questa situazione di enorme, e largamente inattesa, criticità in ragione della loro posizione di “prima linea”, impegnate nel fronteggiare da un lato la crescente richiesta di igienizzanti e di dispositivi di protezione individuali e dall’altra per fornire agli utenti preziosi consigli gestionali sulle succitate problematiche cliniche croniche.

I pazienti non di rado hanno dovuto confrontarsi con difficoltà oggettive nel raggiungere i loro medici curanti, oberati da un carico assistenziale enorme ed in non pochi casi in quarantena perché essi stessi raggiunti dal coronavirus. Medici di medicina generale e farmacisti hanno contribuito in modo fondamentale ad evitare il tracollo del nostro sistema sanitario in un momento di estrema criticità, garantendo un’adeguata assistenza a livello territoriale ad una moltitudine di pazienti che per minor gravità del quadro clinico o per mancanza di posti letto, non hanno potuto ricevere cure in ambito ospedaliero. Le vittime della COVID-19 tra medici di medicina generale e farmacisti ben dimostrano lo spirito di abnegazione di questi professionisti. Alcuni dei farmacisti esercitavano in piccoli centri, evidente dimostrazione del valore sociale che riveste la rete capillare delle farmacie e la funzione di primo riferimento sul territorio che da sempre svolge il farmacista.

Il progetto “zero eventi cardio- e cereborvascolari”, nato sotto l’egida della Fondazione per la ricerca sull’ipertensione arteriosa della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (SIIA) e della Società Italiana di Medicina Generale e delle cure primarie (SIMG) con l’intento di sensibilizzare gli utenti delle farmacie nei confronti delle problematiche cardiovascolari, ben aveva colto, in tempi non sospetti, il ruolo strategico delle farmacie quali pilastro fondamentale della rete assistenziale territoriale. Il report della seconda fase del progetto, che presentiamo in queste pagine, assume oggi una connotazione ancora più autentica perché la storia recente ben ci dimostra il valore centrale della farmacia sia in “tempo di pace che in tempo di guerra”.

Il progetto ha visto la partecipazione di circa 800 farmacie e 51 infermieri su tutto il territorio nazionale che hanno ospitato, in spazi dedicati, infermieri professionali che hanno somministrato agli utenti della farmacie un questionario sulla stima del rischio cardiovascolare e misurato la pressione arteriosa con apparecchi automatici messi cortesemente a disposizione dalla CORMAN. Il progetto prevedeva anche la dispensazioni di consigli da parte degli infermieri adeguatamente formati e la distribuzione di materiale informativo.

L’analisi dei dati relativi agli 8.439 utenti delle farmacie arruolati nel progetto fornisce un quadro molto preciso della realtà assistenziale che vede nella farmacia un avamposto assistenziale di riferimento. Gli utenti, prevalentemente donne (63%), erano soprattutto ultrasettantennni (32%) o appartenenti alle fasce di età 60-69 anni (26%) e 50-59 anni (23.3%). La quota di soggetti più giovani era decisamente meno rappresentata (7.4% di età <40 anni, 11.3% di età compresa tra 40 e 49 anni) (Figura 1).

Questi distribuzione anagrafica degli utenti delle farmacie dimostra come soprattutto i soggetti anziani, o più in generale i meno giovani, in ragione delle polipatologie croniche che non di rado li affliggono, possono trovare nelle farmacia un valido supporto informativo/gestionale che soprattutto, ma non solo, in momenti di criticità quale quello attuale è di importanza fondamentale. La prevalenza del fumo di tabacco è risultata pari al 19% degli intervistati, con un consumo medio sigarette inferiore a 10 sigarette/die nel 52% dei casi, tra 10 e 20 sigarette/die nel 33% dei casi e superiore a 20 sigarette/die nel 25% dei casi. Si tratta di dati poco confortanti anche in considerazione del fatto che la maggioranza dei fumatori (64%) riferiva un’abitudine tabagica della durate superiore ai 15 anni. La lesività di fattori di rischio cardiovascolare dipende, infatti, non tanto dall’esposizione “puntuale” ai fattori di rischio medesimi quanto dell’intensità dell’esposizione agli stessi che sua volta è legata all’entità dell’esposizione (nel caso specifico il numero di sigarette al giorno) e dalla durata temporale dell’esposizione medesima. Fumare per più di 15 anni certamente lascia dei “segni indelebili” a livello della parete vascolare. Peraltro, circa il 12% degli intervistati ha riferito di essere esposto al fumo passivo, problematica tanto rilevante quanto spesso trascurata. La farmacia rappresenta senza dubbio una sede importante per veicolare ed amplificare il messaggio salutistico di astensione/sospensione dell’abitudine tabagica.

La prevalenza del diabete noto è risultata pari al 12% mentre il 9.4% ha riferito di non sapere se poteva essere affetto o meno da diabete.

Decisamente più elevata la prevalenza dell’ipertensione arteriosa nel campione di utenti delle farmacie; il 44% degli intervistati sapeva di essere iperteso mentre il 9% non sapeva riferire di essere iperteso o meno. Questi dati relativi alla consapevolezza della propria condizione di iperteso o normoteso enfatizzano l’importanza dell’intervento educazionale che il progetto “zero eventi cardio e cerebrovascolari” si riproponeva. Se si considera, infatti, la semplicità con cui è oggi possibile misurare la pressione in farmacia, o al proprio domicilio, oltre che nello studio del medico, grazie alla disponibilità di misuratori di semplice utilizzo ed affidabili, appare poco giustificale che qualcuno ancora sia ignaro dei propri valori pressori. Particolarmente significativo il fatto che circa un terzo degli utenti (36.6%) che ha riferito di non essere iperteso o di non sapere se essere iperteso o meno, di fatto assumeva farmaci antipertensivi. Questo dato suggerisce che non di rado i pazienti, soprattutto se anziani, non hanno piena consapevolezza della motivazione alla base dell’assunzione di un determinato farmaco. Anche questa rappresenta una importante area di intervento educazionale perché soltanto la consapevolezza della propria condizione di iperteso può permette il pieno coinvolgimento del paziente nel progetto terapeutico più adeguato per ottimizzare il controllo pressorio e per evitare errori nell’assunzione dei farmaci. Ancor più rilevante il riscontro di aumentati valori pressori nel 27.8% dei pazienti che riferivano di non essere ipertesi o di non sapere se esserlo o meno. Questo dato purtroppo è piuttosto ricorrente nella letteratura scientifica al punto che ancora oggi la regola della metà relativamente al controllo della pressione arteriosa sembra avere mantenuto (invero inspiegabilmente…) immutata la sua validità: circa la metà dei pazienti ipertesi sa di esserlo, tra questi solo la metà viene trattata e tra i trattati solo la metà raggiunge un adeguato controllo pressorio (1,2,3). La possibilità di misurare la pressione in farmacia, di fornire informazioni su come misurare la pressione al proprio domicilio e sul significato da attribuire ai valori pressori rilevati in ambito domiciliare ed, infine, la sensibilizzazione dei pazienti nei confronti dell’importanza strategica di essere aderenti alle prescrizioni farmacologiche e non farmacologiche per il trattamento dell’ipertensione fà della farmacia il luogo dove meglio il messaggio di salute può coniugarsi con consiglio gestionali pratici.

La prevalenza della condizione di ipercolesterolemia nota è risultata del 39.6% mentre il 13.% degli intervistati non ha saputo riferire in merito alla propria colesterolemia. Invero, la consapevolezza del proprio stato di normocolesterolemico o ipercolesterolemico non è agevole come nel caso dell’ipertensione arteriosa, per la quale i valori di normalità sono definiti da un’unica soglia per tutti i pazienti (140/90 mmHg) (4), in quanto i livelli desiderabili di colesterolemia variano in relazione al profilo di rischio del paziente (5).

Il 32% degli utenti intervistati ha riferito di essere affetto da fibrillazione atriale mentre il 6.8% non sapeva fornire indicazioni al riguardo. L’utilizzo di dispositivi automatici per la misurazione pressoria dotati di un algoritmo per l’identificazione di irregolarità del battito cardiaco ha consentito di rilevare una possibile fibrillazione atriale non nota in circa l’1.3% degli utenti delle farmacie coinvoti nel progetto. La presenza di irregolarità del battito cardiaco è stata rilevata grazie agli strumenti utilizzati per la misurazione pressoria nel 92% degli utenti che sapevano di essere affetti da fibrillazione atriale. Peraltro, non è improbabile che nell’esiguo numero di pazienti nei quali lo sfigmomanometro automatico non ha registrato irregolarità del ritmo non si possa parlare di falsi negativi ma semplicemente di periodi di ritmo sinusale in pazienti con fibrillazione atriale parossistica. Questi dati sono di indiscutibile interesse in quanto confermano in un contesto di “mondo reale” l’affidabilità dei moderni automisuratori della pressione arteriosa. L’uso diffuso di questi misuratori automatici potrebbe consentire di svelare la quota sommersa di pazienti con fibrillazione atriale nei quali l’indicazione all’uso della terapia anticoagulante rappresenta una precisa indicazione da parte delle linee guida (6). É evidente che la decisione se intraprendere (e con quale tempistica) successive indagini diagnostiche è sempre di pertinenza del medico di fiducia al quale è importante che il paziente segnali l’eventuale riscontro ripetuto di irregolarità del battito cardiaco. La precisa caratterizzazione dell’aritmia richiede sempre una valutazione elettrocardiografica (ECG basale, ECG dinamico delle 24 ore, loop recorder) anche se alcuni misuratori possono suggerire la possibile presenza di fibrillazione atriale con elevata sensibilità e specificità. Ciò che viene richiesto ai moderni misuratori della pressione arteriosa, ovviamente, non è la capacità di porre diagnosi certa di aritmia ma di segnalare la presenza di una qualsiasi generica irregolarità del ritmo. Questi molteplici informazioni che possono fornire i moderni dispostivi automatici per la misurazione pressoria implicano, ovviamente, l’uso di apparecchi validati da rigidi protocolli internazionali, requisito imprescindibile per poter sfruttare appieno i molteplici vantaggi derivanti dall’automisurazione della pressione arteriosa. Questo aspetto dovrebbe essere ben sottolineato al paziente che nell’acquisto dell’apparecchio può essere fuorviato da offerte particolarmente vantaggiose, soprattutto nel caso di acquisti online, dietro cui si nascondono apparecchi imprecisi o, comunque, non validati da rigidi protocolli internazionali. L’analisi del livello di rischio percepito dagli utenti ha confermato una certa tendenza ad una “autoindulgenza” nel percepire il proprio profilo di rischio visto che la larga maggioranza ha pensato di inquadrarsi in una scala arbitraria di rischio (da 1 a 5, rispettivamente basso, lieve, moderato, alto e molto alto) in una posizione centrale (rischio lieve nel 42% dei casi e moderato nel 32% dei casi) mentre una minoranza di utenti ha pensato di doversi collocare nelle fasce di rischio basso (15.5%), alto (7.8%) o molto alto (2.7%). Invero, dalla determinazione analitica del profilo mediante le carte del rischio effettuato in un campione di 1500 utenti delle farmacie è emersa una distribuzione del profilo di rischio leggermente meno favorevole (basso 5%, moderato 39.2%, alto 40.3% e molto alto 15.5%). Anche questo aspetto è di notevole rilevanza perché dimostra come il farmacista possano incidere in modo rilevante nella gestione del rischio cardiovascolare dei pazienti sia attraverso una più precisa definizione del livello di rischio sia attraverso una sensibilizzazione degli utenti sull’importanza di un controllo adeguato dei fattori di rischio e di una ottimale osservanza dei suggerimenti al riguardo forniti dal medico curante. Il farmacista, clinico, peraltro, per sua naturale vocazione professionale è sempre molto orientato a fornire consigli sulle strategie di intervento non farmacologiche, tra cui spiccano per rilevanza le modifiche salutari dello stile di vita e, ove opportuno, la supplementazione nutrizionale.

In conclusione, i dati raccolti nell’ambito del progetto “zero eventi cardio e cerebrovascolari” forniscono la chiara dimostrazione di quanto sia importante il coinvolgimento delle farmacie in ogni strategia di intervento che miri a migliorare il controllo dei fattori di rischio cardiovascolare e, più in generale, lo stato di salute della nostra popolazione. La possibilità di identificare precocemente situazioni misconosciute di aumentato rischio cardiovascolare e di sensibilizzare gli utenti nei confronti delle problematiche cardiovascolari rappresenta una prerogativa della farmacia moderna ed una opportunità da valorizzare al massimo per cercare di ridurre ulteriormente il peso ancora troppo elevato di queste patologie nella nostra società. Questa opportunità era importante prima, lo è ancora di più oggi e lo sarà anche nel prossimo in ragione dell’ampliamento delle distanze sociali imposte da disposti normativi e da atteggiamenti individuali giustamente prudenziali che porterà le farmacie ancora di più al centro della rete assistenziale dei nostri pazienti.

 

Bibliografia

  1. Scheltens T, Bots ML, Numans ME, et al. Awareness, treatment and control of hypertension: the ‘rule of halves’ in an era of risk-based treatment of hypertension. J Hum Hypertens. 2007 Feb;21(2):99-106.
  2. Filippi A, Paolini I, Innocenti F, et al. Blood pressure control and drug therapy in patients with diagnosed hypertension: a survey in Italian general practice. J Hum Hypertens. 2009 Nov;23(11):758-63.
  3. Tocci G, Nati G, Cricelli C, et al. Prevalence and Control of Hypertension in Different Macro-Areas in Italy: Analysis of a Large Database by the General Practice. High Blood Press Cardiovasc Prev. 2016 Dec;23(4):387-393
  4. Williams B, Mancia G, Spiering W, et al. ESC Scientific Document Group . 2018 ESC/ESH Guidelines for the management of arterial hypertension. Eur Heart J. 2018 Sep 1;39(33):3021-3104.
  5. Mach F, Baigent C, Catapano AL, et al. ESC Scientific Document Group . 2019 ESC/EAS Guidelines for the management of dyslipidaemias: lipid modification to reduce cardiovascular risk. Eur Heart J. 2020 Jan 1;41(1):111-188
  6. Steffel J, Verhamme P, Potpara TS, et al. ESC Scientific Document Group. The 2018 European Heart Rhythm Association Practical Guide on the use of non-vitamin K antagonist oral anticoagulants in patients with atrial fibrillation. Eur Heart J. 2018 Apr21;39(16):1330-1393.

 

Autore/i: Giovambattista Desideri

Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università degli Studi dell’Aquila

Figura 1
Figura 2
Figura 3
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Comment to Giovambattista Desideri

Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università degli Studi dell’Aquila

La recente pandemia da Severe Acute Respiratory Syndrome – Coronavirus – 2 (SARS-CoV-2) ha completamente ridisegnato gli scenari assistenziali definendo due principali aree in intervento. Da una parte l’assistenza in urgenza/emergenza ai pazienti con COrona VIrus Disease – COVID-19 più gravi all’interno delle strutture ospedaliere, dall’altra uno spostamento pressochè completo a livello territoriale delle prestazioni assistenziali per le forme meno severe di COVID-19 e con esse di tutte le patologie croniche che, ovviamente, non sono sparire con l’arrivo dell’epidemia. I ricoveri non-COVID, invero, si sono sostanzialmente azzerati nel giro di un paio di settimane dal momento in cui la pandemia ha varcato i confini del nostro Paese e le prestazioni ambulatori non urgenti sono state sospese per limitare al massimo gli spostamenti di persone e centralizzare ogni sforzo assistenziale sull’emergenza COVID-19. Tutta l’assistenza per le patologie non-COVID, ben più diffuse dell’infezione da coronavirus SARS-CoV-2, è stata dall’oggi al domani completamente “ribaltata” nel territorio. Prova ne è l’impegno enorme profuso dai medici di medicina generale per assistere i loro pazienti.

Mentre i riflettori erano tutti puntati sulle strutture di terapia intensiva e di rianimazione e sulle tante “degenze COVID” spuntate dal nulla per fronteggiare l’emergenza, questi professionisti della medicina territoriale hanno garantito una adeguata assistenza sanitaria ai pazienti con patologie croniche: dall’ipertensione alla broncopneumopatia cronica ostruttiva, dal diabete mellito, alle dislipidemia e alle malattie cardiovascolari. Non meno rilevante è stato il ruolo di tanti giovani medici “arruolati” nelle Unità Speciali di Continuità Assistenziali-USCA con il compito di supportare la rete sanitaria territoriale con interventi direttamente a domicilio nell’assistenza ai pazienti COVID-19, dimessi dalle strutture ospedaliere o mai ricoverati, con bisogni di assistenza compatibili con la permanenza al domicilio, e per la cura a casa di pazienti con sintomatologia simil-influenzale, di cui non era stata certificata l’eventuale positività ma che dovevano essere considerati come sospetti casi COVID.

Questi giovani colleghi hanno messo sul campo robuste conoscenze cliniche, un grosso impegno emotivo e tanta voglia di fare.

Le farmacie si sono trovate coinvolte appieno nella gestione di questa situazione di enorme, e largamente inattesa, criticità in ragione della loro posizione di “prima linea”, impegnate nel fronteggiare da un lato la crescente richiesta di igienizzanti e di dispositivi di protezione individuali e dall’altra per fornire agli utenti preziosi consigli gestionali sulle succitate problematiche cliniche croniche.

I pazienti non di rado hanno dovuto confrontarsi con difficoltà oggettive nel raggiungere i loro medici curanti, oberati da un carico assistenziale enorme ed in non pochi casi in quarantena perché essi stessi raggiunti dal coronavirus. Medici di medicina generale e farmacisti hanno contribuito in modo fondamentale ad evitare il tracollo del nostro sistema sanitario in un momento di estrema criticità, garantendo un’adeguata assistenza a livello territoriale ad una moltitudine di pazienti che per minor gravità del quadro clinico o per mancanza di posti letto, non hanno potuto ricevere cure in ambito ospedaliero. Le vittime della COVID-19 tra medici di medicina generale e farmacisti ben dimostrano lo spirito di abnegazione di questi professionisti. Alcuni dei farmacisti esercitavano in piccoli centri, evidente dimostrazione del valore sociale che riveste la rete capillare delle farmacie e la funzione di primo riferimento sul territorio che da sempre svolge il farmacista.

Il progetto “zero eventi cardio- e cereborvascolari”, nato sotto l’egida della Fondazione per la ricerca sull’ipertensione arteriosa della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (SIIA) e della Società Italiana di Medicina Generale e delle cure primarie (SIMG) con l’intento di sensibilizzare gli utenti delle farmacie nei confronti delle problematiche cardiovascolari, ben aveva colto, in tempi non sospetti, il ruolo strategico delle farmacie quali pilastro fondamentale della rete assistenziale territoriale. Il report della seconda fase del progetto, che presentiamo in queste pagine, assume oggi una connotazione ancora più autentica perché la storia recente ben ci dimostra il valore centrale della farmacia sia in “tempo di pace che in tempo di guerra”.

Il progetto ha visto la partecipazione di circa 800 farmacie e 51 infermieri su tutto il territorio nazionale che hanno ospitato, in spazi dedicati, infermieri professionali che hanno somministrato agli utenti della farmacie un questionario sulla stima del rischio cardiovascolare e misurato la pressione arteriosa con apparecchi automatici messi cortesemente a disposizione dalla CORMAN. Il progetto prevedeva anche la dispensazioni di consigli da parte degli infermieri adeguatamente formati e la distribuzione di materiale informativo.

L’analisi dei dati relativi agli 8.439 utenti delle farmacie arruolati nel progetto fornisce un quadro molto preciso della realtà assistenziale che vede nella farmacia un avamposto assistenziale di riferimento. Gli utenti, prevalentemente donne (63%), erano soprattutto ultrasettantennni (32%) o appartenenti alle fasce di età 60-69 anni (26%) e 50-59 anni (23.3%). La quota di soggetti più giovani era decisamente meno rappresentata (7.4% di età <40 anni, 11.3% di età compresa tra 40 e 49 anni) (Figura 1).

Questi distribuzione anagrafica degli utenti delle farmacie dimostra come soprattutto i soggetti anziani, o più in generale i meno giovani, in ragione delle polipatologie croniche che non di rado li affliggono, possono trovare nelle farmacia un valido supporto informativo/gestionale che soprattutto, ma non solo, in momenti di criticità quale quello attuale è di importanza fondamentale. La prevalenza del fumo di tabacco è risultata pari al 19% degli intervistati, con un consumo medio sigarette inferiore a 10 sigarette/die nel 52% dei casi, tra 10 e 20 sigarette/die nel 33% dei casi e superiore a 20 sigarette/die nel 25% dei casi. Si tratta di dati poco confortanti anche in considerazione del fatto che la maggioranza dei fumatori (64%) riferiva un’abitudine tabagica della durate superiore ai 15 anni. La lesività di fattori di rischio cardiovascolare dipende, infatti, non tanto dall’esposizione “puntuale” ai fattori di rischio medesimi quanto dell’intensità dell’esposizione agli stessi che sua volta è legata all’entità dell’esposizione (nel caso specifico il numero di sigarette al giorno) e dalla durata temporale dell’esposizione medesima. Fumare per più di 15 anni certamente lascia dei “segni indelebili” a livello della parete vascolare. Peraltro, circa il 12% degli intervistati ha riferito di essere esposto al fumo passivo, problematica tanto rilevante quanto spesso trascurata. La farmacia rappresenta senza dubbio una sede importante per veicolare ed amplificare il messaggio salutistico di astensione/sospensione dell’abitudine tabagica.

La prevalenza del diabete noto è risultata pari al 12% mentre il 9.4% ha riferito di non sapere se poteva essere affetto o meno da diabete.

Decisamente più elevata la prevalenza dell’ipertensione arteriosa nel campione di utenti delle farmacie; il 44% degli intervistati sapeva di essere iperteso mentre il 9% non sapeva riferire di essere iperteso o meno. Questi dati relativi alla consapevolezza della propria condizione di iperteso o normoteso enfatizzano l’importanza dell’intervento educazionale che il progetto “zero eventi cardio e cerebrovascolari” si riproponeva. Se si considera, infatti, la semplicità con cui è oggi possibile misurare la pressione in farmacia, o al proprio domicilio, oltre che nello studio del medico, grazie alla disponibilità di misuratori di semplice utilizzo ed affidabili, appare poco giustificale che qualcuno ancora sia ignaro dei propri valori pressori. Particolarmente significativo il fatto che circa un terzo degli utenti (36.6%) che ha riferito di non essere iperteso o di non sapere se essere iperteso o meno, di fatto assumeva farmaci antipertensivi. Questo dato suggerisce che non di rado i pazienti, soprattutto se anziani, non hanno piena consapevolezza della motivazione alla base dell’assunzione di un determinato farmaco. Anche questa rappresenta una importante area di intervento educazionale perché soltanto la consapevolezza della propria condizione di iperteso può permette il pieno coinvolgimento del paziente nel progetto terapeutico più adeguato per ottimizzare il controllo pressorio e per evitare errori nell’assunzione dei farmaci. Ancor più rilevante il riscontro di aumentati valori pressori nel 27.8% dei pazienti che riferivano di non essere ipertesi o di non sapere se esserlo o meno. Questo dato purtroppo è piuttosto ricorrente nella letteratura scientifica al punto che ancora oggi la regola della metà relativamente al controllo della pressione arteriosa sembra avere mantenuto (invero inspiegabilmente…) immutata la sua validità: circa la metà dei pazienti ipertesi sa di esserlo, tra questi solo la metà viene trattata e tra i trattati solo la metà raggiunge un adeguato controllo pressorio (1,2,3). La possibilità di misurare la pressione in farmacia, di fornire informazioni su come misurare la pressione al proprio domicilio e sul significato da attribuire ai valori pressori rilevati in ambito domiciliare ed, infine, la sensibilizzazione dei pazienti nei confronti dell’importanza strategica di essere aderenti alle prescrizioni farmacologiche e non farmacologiche per il trattamento dell’ipertensione fà della farmacia il luogo dove meglio il messaggio di salute può coniugarsi con consiglio gestionali pratici.

La prevalenza della condizione di ipercolesterolemia nota è risultata del 39.6% mentre il 13.% degli intervistati non ha saputo riferire in merito alla propria colesterolemia. Invero, la consapevolezza del proprio stato di normocolesterolemico o ipercolesterolemico non è agevole come nel caso dell’ipertensione arteriosa, per la quale i valori di normalità sono definiti da un’unica soglia per tutti i pazienti (140/90 mmHg) (4), in quanto i livelli desiderabili di colesterolemia variano in relazione al profilo di rischio del paziente (5).

Il 32% degli utenti intervistati ha riferito di essere affetto da fibrillazione atriale mentre il 6.8% non sapeva fornire indicazioni al riguardo. L’utilizzo di dispositivi automatici per la misurazione pressoria dotati di un algoritmo per l’identificazione di irregolarità del battito cardiaco ha consentito di rilevare una possibile fibrillazione atriale non nota in circa l’1.3% degli utenti delle farmacie coinvoti nel progetto. La presenza di irregolarità del battito cardiaco è stata rilevata grazie agli strumenti utilizzati per la misurazione pressoria nel 92% degli utenti che sapevano di essere affetti da fibrillazione atriale. Peraltro, non è improbabile che nell’esiguo numero di pazienti nei quali lo sfigmomanometro automatico non ha registrato irregolarità del ritmo non si possa parlare di falsi negativi ma semplicemente di periodi di ritmo sinusale in pazienti con fibrillazione atriale parossistica. Questi dati sono di indiscutibile interesse in quanto confermano in un contesto di “mondo reale” l’affidabilità dei moderni automisuratori della pressione arteriosa. L’uso diffuso di questi misuratori automatici potrebbe consentire di svelare la quota sommersa di pazienti con fibrillazione atriale nei quali l’indicazione all’uso della terapia anticoagulante rappresenta una precisa indicazione da parte delle linee guida (6). É evidente che la decisione se intraprendere (e con quale tempistica) successive indagini diagnostiche è sempre di pertinenza del medico di fiducia al quale è importante che il paziente segnali l’eventuale riscontro ripetuto di irregolarità del battito cardiaco. La precisa caratterizzazione dell’aritmia richiede sempre una valutazione elettrocardiografica (ECG basale, ECG dinamico delle 24 ore, loop recorder) anche se alcuni misuratori possono suggerire la possibile presenza di fibrillazione atriale con elevata sensibilità e specificità. Ciò che viene richiesto ai moderni misuratori della pressione arteriosa, ovviamente, non è la capacità di porre diagnosi certa di aritmia ma di segnalare la presenza di una qualsiasi generica irregolarità del ritmo. Questi molteplici informazioni che possono fornire i moderni dispostivi automatici per la misurazione pressoria implicano, ovviamente, l’uso di apparecchi validati da rigidi protocolli internazionali, requisito imprescindibile per poter sfruttare appieno i molteplici vantaggi derivanti dall’automisurazione della pressione arteriosa. Questo aspetto dovrebbe essere ben sottolineato al paziente che nell’acquisto dell’apparecchio può essere fuorviato da offerte particolarmente vantaggiose, soprattutto nel caso di acquisti online, dietro cui si nascondono apparecchi imprecisi o, comunque, non validati da rigidi protocolli internazionali. L’analisi del livello di rischio percepito dagli utenti ha confermato una certa tendenza ad una “autoindulgenza” nel percepire il proprio profilo di rischio visto che la larga maggioranza ha pensato di inquadrarsi in una scala arbitraria di rischio (da 1 a 5, rispettivamente basso, lieve, moderato, alto e molto alto) in una posizione centrale (rischio lieve nel 42% dei casi e moderato nel 32% dei casi) mentre una minoranza di utenti ha pensato di doversi collocare nelle fasce di rischio basso (15.5%), alto (7.8%) o molto alto (2.7%). Invero, dalla determinazione analitica del profilo mediante le carte del rischio effettuato in un campione di 1500 utenti delle farmacie è emersa una distribuzione del profilo di rischio leggermente meno favorevole (basso 5%, moderato 39.2%, alto 40.3% e molto alto 15.5%). Anche questo aspetto è di notevole rilevanza perché dimostra come il farmacista possano incidere in modo rilevante nella gestione del rischio cardiovascolare dei pazienti sia attraverso una più precisa definizione del livello di rischio sia attraverso una sensibilizzazione degli utenti sull’importanza di un controllo adeguato dei fattori di rischio e di una ottimale osservanza dei suggerimenti al riguardo forniti dal medico curante. Il farmacista, clinico, peraltro, per sua naturale vocazione professionale è sempre molto orientato a fornire consigli sulle strategie di intervento non farmacologiche, tra cui spiccano per rilevanza le modifiche salutari dello stile di vita e, ove opportuno, la supplementazione nutrizionale.

In conclusione, i dati raccolti nell’ambito del progetto “zero eventi cardio e cerebrovascolari” forniscono la chiara dimostrazione di quanto sia importante il coinvolgimento delle farmacie in ogni strategia di intervento che miri a migliorare il controllo dei fattori di rischio cardiovascolare e, più in generale, lo stato di salute della nostra popolazione. La possibilità di identificare precocemente situazioni misconosciute di aumentato rischio cardiovascolare e di sensibilizzare gli utenti nei confronti delle problematiche cardiovascolari rappresenta una prerogativa della farmacia moderna ed una opportunità da valorizzare al massimo per cercare di ridurre ulteriormente il peso ancora troppo elevato di queste patologie nella nostra società. Questa opportunità era importante prima, lo è ancora di più oggi e lo sarà anche nel prossimo in ragione dell’ampliamento delle distanze sociali imposte da disposti normativi e da atteggiamenti individuali giustamente prudenziali che porterà le farmacie ancora di più al centro della rete assistenziale dei nostri pazienti.

 

Bibliografia

  1. Scheltens T, Bots ML, Numans ME, et al. Awareness, treatment and control of hypertension: the ‘rule of halves’ in an era of risk-based treatment of hypertension. J Hum Hypertens. 2007 Feb;21(2):99-106.
  2. Filippi A, Paolini I, Innocenti F, et al. Blood pressure control and drug therapy in patients with diagnosed hypertension: a survey in Italian general practice. J Hum Hypertens. 2009 Nov;23(11):758-63.
  3. Tocci G, Nati G, Cricelli C, et al. Prevalence and Control of Hypertension in Different Macro-Areas in Italy: Analysis of a Large Database by the General Practice. High Blood Press Cardiovasc Prev. 2016 Dec;23(4):387-393
  4. Williams B, Mancia G, Spiering W, et al. ESC Scientific Document Group . 2018 ESC/ESH Guidelines for the management of arterial hypertension. Eur Heart J. 2018 Sep 1;39(33):3021-3104.
  5. Mach F, Baigent C, Catapano AL, et al. ESC Scientific Document Group . 2019 ESC/EAS Guidelines for the management of dyslipidaemias: lipid modification to reduce cardiovascular risk. Eur Heart J. 2020 Jan 1;41(1):111-188
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Autore/i: Giovambattista Desideri

Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università degli Studi dell’Aquila

Figura 1
Figura 2
Figura 3

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