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Comment to Claudio Borghi

Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Bologna

Il trattamento efficace delle malattie rappresento l’atto conclusivo della sintesi clinica che valorizza in pratica la adeguatezza della procedura diagnostica. La storia della medicina è largamente attraversata da intuizioni e scoperte che hanno contribuito a risolvere quadri patologici di varia natura con conseguente impatto sulla durata e qualità della vita. Tra le scoperte più incisive vanno certamente annoverate la terapia antibiotica, i farmaci antineoplastici ed i farmaci cardiovascolari il cui sviluppo ha coinciso con la identificazione di specifici meccanismi di malattia nei cui confronti è stato possibile sviluppare interventi antagonistici con impatto curativo. Ciascuna di queste soluzioni ha scandito una epoca di sviluppo della medicina riportando risultati risolutivi che hanno contribuito all’allungamento della vita media, permettendo, nel contempo, lo sviluppo di alcune ricerche collaterali su dosi, combinazioni, impieghi estensivi che hanno amplificato il messaggio iniziale di semplice interazione tra agonista e bersaglio. Oggi, la ricerca ci pone davanti alla fase di iniziale di crescita di scoperte che segneranno una nuova epoca nell’ambito delle terapia in medicina e cioè quella dei farmaci a base “genetica”. Nella opinione pubblica non competente l’approccio genetico alla terapia ha tipicamente generato reazioni non univoche soprattutto tra coloro che intravedono dietro questa parola la possibilità di manipolare in modo pericoloso ed irreversibile il codice genetico della vita e dei singoli individui (una moderna versione di Frankenstein) e coloro che, invece, percepiscono come alcune malattie conseguenti ad un difetto del genoma potrebbero trovare la loro soluzione in questa modalità di approccio. Certamente la prima interpretazione è fantastica e romanzesca e non trova certamente applicazione in medicina. Per quanto riguarda la seconda, è una grande prospettiva di intervento, ma per un numero estremamente limitato di soggetti e malattia e non arriverà mai ad impattare le grandi masse e soprattutto il mondo in crescente espansione delle malattie cronico degenerative (diabete, ipertensione, dislipidemie, malattie neoplastiche, ematologiche, ecc…). Per queste ultime, si sta concretizzando e consolidando la possibilità di interventi terapeutici basti sulle innumerevoli applicazioni di ciò che trascrive e sta a valle del codice genetico e cioè lo sviluppo ed utilizzo di farmaci basati sull’impiego delle potenzialità dell’RNA (1).

La sua natura trascrittiva lo rende in grado di interagire con il mondo della sintesi proteica in almeno due direzioni e cioè la possibilità di promuovere la sintesi di mediatori carenti o quella di inibire la produzione di altri potenzialmente pericolosi. In questo modo è possibile attivare funzione deficitarie o mancanti quando queste rappresentino un meccanismo di malattia o alternativamente si può impedire la produzione di sostanze in grado di contribuire allo sviluppo e progressione di quadri patologici in quanto presenti a livello circolante o tissutale o in ragione di una produzione eccessiva rispetto a quella fisiologica. Il grande vantaggio delle tecnologie terapeutiche basate sull’RNA è quello di poterle disegnare sulla base di uno specifico bersaglio coinvolto nel meccanismo di malattia con un impatto la cui precisione non potrebbe essere mai raggiunta con farmaci tradizionali in grado si di interagire con il meccanismo di malattia (es. beta-bloccanti, ace-inibitori, ecc), ma anche di farlo con bersagli indesiderati che condividono genericamente la stessa popolazione recettoriale. Tutto ciò si traduce in una efficacia della terapia di rilevanza generica, imprevedibile in termini di risposta individuale, associata ad effetti indesiderati di tipo soggettivo e/o oggettivo e associata a costi che risentono della somministrazione a sottopopolazioni di pazienti che si mostrano non-responder e richiedono soluzioni alternative. La terapia basata su RNA per contro ha la capacità di raggiungere bersagli che sarebbero inaccessibili ai farmaci tradizionali e cosiddetti “undruggable” in quanto in grado di interagire con la essenza biochimica endogena del meccanismo di malattia generando composti di natura fisiologicamente riconoscibili e come tali in grado di raggiungere target terapeutici con precisione e non per minore approssimazione. A questa ampia categoria appartengono sia oligonucleotidi anti-senso (ASO) che caratterizzano i farmaci definiti RNA-interferenti (RNAi) che riconoscono ed ibridizzano sequenze di RNA endogeno alterandone la trascrizione in senso espansivo o repressivo, sia RNA messaggero (mRNA) rappresentate da specifiche sequenze di RNA che sono in grado di entrare nelle cellule ed influenzare il meccanismo biochimico intracellulare in senso di sintetico per generare proteine deficitarie o altre in grado di attivare meccanismi di immunità endogena. Ovviamente la tecnologia a RNA è associata ad una parallela evoluzione tecnologiche per permettere la somministrazione dell’RNA stesso nell’organismo ed oggi esistono soluzioni in questo ambito estremamente efficaci. In aggiunta, i farmaci a RNA possono essere sviluppati in modo semplice, senza la necessità dell’apporto di grandi colossi farmaceutici nella fase di identificazione e sintesi, a prezzi molti più contenuti rispetto alla tecnologia ricombinante necessaria per la sintesi degli anticorpi monoclonali e con la straordinaria potenzialità che in un futuro, non lontano, possano essere sintetizzati ad personam ossia disegnati per essere efficienti nel singolo individuo. Quindi la rivoluzione dietro l’angolo!

Esempi di farmaci efficaci in questo ambito ne esistono moltissimi neri due principali campi di applicazione ed ossia la oncologia e la ematologia, dove la ricerca degli ultimi anni ha identificato target intracellulari in grado di promuovere lo sviluppo e la progressione di malattia o di caratterizzare le cellule neoplastiche rispetto a quelle sane permettendo pertanto di superare il limite della chemioterapia tradizionale la cui tossicità derivava (e deriva purtroppo) soprattutto dalla incapacità di distinguere tra cellule derivate dalla stessa linea originaria. La applicazione più popolare, anche se bistrattata nel vissuto popolare e talora delle autorità preposte, della tecnologia a RNA sono i vaccini ed in particolare quelli in uso attuale contro la malattia da COVID 19. Due di essi quello prodotto da Pfizer-BionTech e Moderna sfruttano propria la tecnologia dell’RNA per presentare al sistema immunitario quella proteina Spike che caratterizza i Coronavirus e che rappresenta in meccanismo di attacco del virus per infettare le cellule umane e dare inizio alla malattia (Figura 1). In questo caso l’RNA viene racchiuso in un involucro lipidico ed iniettato intramuscolo e dal sito di iniezione riesce a promuovere la sintesi della proteina incriminata ed a iniziare il processo di immunizzazione.

Tuttavia, la grande opportunità in senso lato nella prevenzione e trattamento delle malattie cronico-degenerative è la possibilità che la tecnologia terapeutica ad RNA sia impiegata nel trattamento e prevenzione delle malattie cardiovascolari. La impronta maggiore oggi viene da alcune soluzioni proposte nel trattamento delle dislipidemie ed in particolare nella riduzione dei livelli di colesterolo-LDL (inclisiran-Novartis Pharma) e della Lipoproteina (a). Soluzioni analoghe sono in sviluppo per il trattamento della ipetrigliceridemia attraverso la somministrazione di RNA in gradi di incrementare i livelli di lipoprotein-lipasi (Volanesorsen-IONIS Pharma) e ridurre quelli di TG nelle forme di iperchilomicronemia genetiche. Altri ancora sono in fase di avanzata sperimentazione per la cardiopatia ischemica in ragione della capacità di promuovere la angiogenesi nelle aree di miocardio ischemico (AZD6601-Moderna/Pfizer). Probabilmente, una delle prospettive più interessanti per le dimensioni della popolazione coinvolta è la possibilità che la tecnologia ad RNA entri nel trattamento della ipertensione arteriosa mediante il ricorso a modulatori della attività di componenti del sistema RAAS, il quale rappresenta già un bersaglio della terapia tradizionale, ma che secondo l’approccio più diretto che permettono le nuove tecnologia potrebbe essere inibito in maniera più selettiva ed efficiente con enormi vantaggi per quanto riguarda il controllo pressorio, la prevenzione del danno d’organo bersaglio e la aderenza terapeutica. Quindi non c’è dubbio che siamo alle porte della ennesima rivoluzione nell’ambito dell’approccio alle malattie cronico-degenerative ed in particolare a quelle cardiovascolari e metaboliche. Lo sviluppo straordinario delle conoscenze della genetica in senso di utilizzo delle potenzialità dell’RNA sta colmando un grande vuoto tra la conoscenza dei meccanismi di malattia e la possibilità di disinnescarne il potere patologico attraverso la interazione con bersagli specifici. Il tutto fornendo soluzioni apparenti anche ai problemi insoluti della terapia tradizionale come la necessità di assunzione giornaliera dei farmaci, la necessità di una azione sincrona e combinata tra più apparati coinvolti nell’effetto farmacologico, la incidenza talora imprevedibile/insormontabile di effetti indesiderati ed il limite invalicabile della scarsa aderenza al trattamento.

La tecnologia terapeutica basata sull’RNA viene dalla vita e restituisce la vita, non è una intrusione indesiderata nel nostro patrimonio generico è solo il frutto di una genetica umana che la ha ideata certamente per permettere un ulteriore balzo in avanti nella protezione dell’uomo.

Bibliografia

  1. Damase TR, et al. The limitless future of RNAS Therapeutics. Frontiers in Bioengineering and Biothechnology; 2021 (9): 1-23

 

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