Home>Magazine>PCR 3_2023>Intelligenza naturale e artificiale nella medicina del futuro

Comment to Claudio Borghi

Professore Ordinario di Medicina Interna, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Università di Bologna, Direttore Unità Operativa Complessa di Medicina Interna, Policlinico di Sant’Orsola, Bologna

La opinione corrente di alcuni modernisti della domenica è che la figura del medico sia verso la fine della sua parabola professionale e che sarà presto sostituita da maxi-computer in grado di sfruttare le enormi potenzialità della intelligenza artificiale. Queste osservazioni sono molto simili a quelle che si possono ascoltare circa la gestione più opportuna delle squadre di calcio o la adeguatezza delle decisioni politiche da parte di coloro che, in realtà, non dispongono di un livello di conoscenza dei fattori in gioco che dovrebbe essere il presupposto essenziale per esprimere pareri ed in totale assenza di una esperienza specifica in questi ambiti.

Quando si ipotizza la esclusione del medico dai processi decisionali relativi ai pazienti a favore di una “intelligenza artificiale” (IA) sarebbe secondo me opportuno conoscere adeguatamente quali sono i termini in gioco. In primo luogo dobbiamo ricordare che sotto la denominazione di intelligenza artificiale si celano in realtà la fusione di enormi ed eterogenei database ed un sistema di analisi dei dati in essi contenuto che non solo ne permette la organizzazione logica, ma anche la ricerca di un numero pressoché infinito di interazioni di tipo relazionale. Quindi la grande novità non è il concetto di fondo (che considerando i limiti della tecnologia di allora era comunque disponibile anche con il primitivo e mitico Commodore 64), ma la dimensione dei dati a disposizione e la capacità di integrarli secondo una logica che va al di là delle possibilità computazionali del cervello umano, da cui la scelta della denominazione di intelligenza artificiale.

Un altro aspetto importante è la scarsa conoscenza delle diverse modalità con cui questa IA può entrare nella nostra vita. Per avere una risposta adeguata non c’è bisogno di aspettare un futuro ipotetico, per assaggiare la grande novità basta interrogare uno dei vari sistemi di ricerca vocale che sono disponibili da anni nei nostri smartphone che quando ricevono una domanda più o meno sensata rispondono con una indicazione più o meno sensata e già questo aspetto dovrebbe fare riflettere sul fatto che sia arrivato il momento di mandare in pensione tutti i professionisti (non solo i medici). Il principio della IA può certamente essere estremamente utile per la analisi finalistica delle informazioni relative ai database ed in questo caso la sua espressione sono il numero elevatissimo di app più o meno sofisticate che forniscono risposte immediate a quesiti di varia natura ed inerenti la applicazione in uso. In alcuni casi la espressione materiale della IA sono le cosiddette CHATBOT (es.CHATGPT4) che sono in grado di utilizzare le informazioni nel database “madre” sotto forma di linguaggio ed utilizzando le innumerevoli potenzialità di erudizione dello stesso producendo un pregevole risultato sia per quanto concerne lo stile linguistico sia la lingua di scelta (composizione e traduzione). Questa modalità di azione della IA rassomiglia moltissimo al computer HAL del visionario film di Stanley Kubrick, 2001 Odissea nello spazio, in cui l’equipaggio di una base spaziale viene esautorato dalla presa di potere di una intelligenza artificiale che prende il comando come in un futuristico (oggi antico) ammutinamento. La versione più attraente di IA che alimenta le fantasie degli studiosi da salotto sono gli umanoidi (i cosiddetti robot) che sono la sintesi delle due funzioni precedenti della IA in quanto capaci di elaborare, risolvere rapidamente problemi a domanda e interagire attraverso un linguaggio più o meno stereotipato che manca del timbro vocale che solo le corde vocali e la interpretazione del sentimento può generare. Anche in questo caso ci aiuta una buona conoscenza della filmografia USA che annovera una magnifica pellicola di Steven Spielberg ispirata all’italianissimo Pinocchio di Collodi e proprio intitolata “A.I.” nella quale però l’umanoide era in realtà un umano molto lontano dai bambocci che vediamo oggi esaltati come i prodotti umanizzati della intelligenza artificiale. L’elemento cruciale che permette a questo sistema di funzionare è il cosiddetto “machine learning” che rappresenta la fase di alfabetizzazione dei sistemi che permettono di tradurre i dati disarticolati e spesso caotici racchiusi nei database in archivi intellegibili ed interrogabili sulla base di un approccio razionale che è indispensabile per trasformare il biblico chaos in una informazione utilizzabile.

Soffermandoci un attimo sul problema della estrusione professionale del medico dal sistema da parte della subentrante IA, credo che le paure siano del tutto insensate. Non c’è dubbio che il ricorso ai sistemi esperti ed enciclopedici può avere una serie di vantaggi di grande rilevanza nell’ambito della medicina moderna (Tabella 1).

E’ altrettanto vero che già oggi noi ricorriamo a sistemi di IA nella nostra pratica clinica di tutti i giorni senza attribuirgli il futuristico acronimo. I sistemi di lettura automatica dei tracciati ECG sono un esempio di quanto indicato in precedenza in quanto in grado di confrontare razionalmente il tracciato in esame con una serie innumerevole di altri tracciati con una risposta già immagazzinata. In questo caso, tuttavia, perché il sistema funzioni è necessario che un uomo immetta i tracciati sotto forma di database specifici ed è necessario un secondo uomo che deve verificare la compatibilità del pensiero delle IA con le caratteristiche del paziente seduto davanti al morituro lettore umano di ECG. Quindi, tutto questo non potrebbe avvenire se il paziente si presentasse davanti ad un computer in assenza di un professionista della lettura. Su questa linea si potrebbe andare avanti all’infinito, con esempi anche più complessi, ma sempre caratterizzati dal fatto che la IA in medicina è destinata a rappresentare sempre “il mondo di mezzo” che svolgerà una funzione indispensabile nell’amplificare il potere di accumulo e interpretazione razionale delle informazioni e delle evidenze, ma la cui possibilità di sopravvivere sarà sempre condizionata dall’intervento indispensabile di “intelligenze naturali” che stanno e staranno collocate all’inizio ed alla fine del percorso di erudizione di questa indispensabile espansione della nostra capacità di archiviazione logico-funzionale, ma la intelligenza è una altra cosa.

 

Autore/i: Claudio Borghi

Professore Ordinario di Medicina Interna, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Università di Bologna, Direttore Unità Operativa Complessa di Medicina Interna, Policlinico di Sant’Orsola, Bologna

Tabella 1
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Professore Ordinario di Medicina Interna, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Università di Bologna, Direttore Unità Operativa Complessa di Medicina Interna, Policlinico di Sant’Orsola, Bologna

La opinione corrente di alcuni modernisti della domenica è che la figura del medico sia verso la fine della sua parabola professionale e che sarà presto sostituita da maxi-computer in grado di sfruttare le enormi potenzialità della intelligenza artificiale. Queste osservazioni sono molto simili a quelle che si possono ascoltare circa la gestione più opportuna delle squadre di calcio o la adeguatezza delle decisioni politiche da parte di coloro che, in realtà, non dispongono di un livello di conoscenza dei fattori in gioco che dovrebbe essere il presupposto essenziale per esprimere pareri ed in totale assenza di una esperienza specifica in questi ambiti.

Quando si ipotizza la esclusione del medico dai processi decisionali relativi ai pazienti a favore di una “intelligenza artificiale” (IA) sarebbe secondo me opportuno conoscere adeguatamente quali sono i termini in gioco. In primo luogo dobbiamo ricordare che sotto la denominazione di intelligenza artificiale si celano in realtà la fusione di enormi ed eterogenei database ed un sistema di analisi dei dati in essi contenuto che non solo ne permette la organizzazione logica, ma anche la ricerca di un numero pressoché infinito di interazioni di tipo relazionale. Quindi la grande novità non è il concetto di fondo (che considerando i limiti della tecnologia di allora era comunque disponibile anche con il primitivo e mitico Commodore 64), ma la dimensione dei dati a disposizione e la capacità di integrarli secondo una logica che va al di là delle possibilità computazionali del cervello umano, da cui la scelta della denominazione di intelligenza artificiale.

Un altro aspetto importante è la scarsa conoscenza delle diverse modalità con cui questa IA può entrare nella nostra vita. Per avere una risposta adeguata non c’è bisogno di aspettare un futuro ipotetico, per assaggiare la grande novità basta interrogare uno dei vari sistemi di ricerca vocale che sono disponibili da anni nei nostri smartphone che quando ricevono una domanda più o meno sensata rispondono con una indicazione più o meno sensata e già questo aspetto dovrebbe fare riflettere sul fatto che sia arrivato il momento di mandare in pensione tutti i professionisti (non solo i medici). Il principio della IA può certamente essere estremamente utile per la analisi finalistica delle informazioni relative ai database ed in questo caso la sua espressione sono il numero elevatissimo di app più o meno sofisticate che forniscono risposte immediate a quesiti di varia natura ed inerenti la applicazione in uso. In alcuni casi la espressione materiale della IA sono le cosiddette CHATBOT (es.CHATGPT4) che sono in grado di utilizzare le informazioni nel database “madre” sotto forma di linguaggio ed utilizzando le innumerevoli potenzialità di erudizione dello stesso producendo un pregevole risultato sia per quanto concerne lo stile linguistico sia la lingua di scelta (composizione e traduzione). Questa modalità di azione della IA rassomiglia moltissimo al computer HAL del visionario film di Stanley Kubrick, 2001 Odissea nello spazio, in cui l’equipaggio di una base spaziale viene esautorato dalla presa di potere di una intelligenza artificiale che prende il comando come in un futuristico (oggi antico) ammutinamento. La versione più attraente di IA che alimenta le fantasie degli studiosi da salotto sono gli umanoidi (i cosiddetti robot) che sono la sintesi delle due funzioni precedenti della IA in quanto capaci di elaborare, risolvere rapidamente problemi a domanda e interagire attraverso un linguaggio più o meno stereotipato che manca del timbro vocale che solo le corde vocali e la interpretazione del sentimento può generare. Anche in questo caso ci aiuta una buona conoscenza della filmografia USA che annovera una magnifica pellicola di Steven Spielberg ispirata all’italianissimo Pinocchio di Collodi e proprio intitolata “A.I.” nella quale però l’umanoide era in realtà un umano molto lontano dai bambocci che vediamo oggi esaltati come i prodotti umanizzati della intelligenza artificiale. L’elemento cruciale che permette a questo sistema di funzionare è il cosiddetto “machine learning” che rappresenta la fase di alfabetizzazione dei sistemi che permettono di tradurre i dati disarticolati e spesso caotici racchiusi nei database in archivi intellegibili ed interrogabili sulla base di un approccio razionale che è indispensabile per trasformare il biblico chaos in una informazione utilizzabile.

Soffermandoci un attimo sul problema della estrusione professionale del medico dal sistema da parte della subentrante IA, credo che le paure siano del tutto insensate. Non c’è dubbio che il ricorso ai sistemi esperti ed enciclopedici può avere una serie di vantaggi di grande rilevanza nell’ambito della medicina moderna (Tabella 1).

E’ altrettanto vero che già oggi noi ricorriamo a sistemi di IA nella nostra pratica clinica di tutti i giorni senza attribuirgli il futuristico acronimo. I sistemi di lettura automatica dei tracciati ECG sono un esempio di quanto indicato in precedenza in quanto in grado di confrontare razionalmente il tracciato in esame con una serie innumerevole di altri tracciati con una risposta già immagazzinata. In questo caso, tuttavia, perché il sistema funzioni è necessario che un uomo immetta i tracciati sotto forma di database specifici ed è necessario un secondo uomo che deve verificare la compatibilità del pensiero delle IA con le caratteristiche del paziente seduto davanti al morituro lettore umano di ECG. Quindi, tutto questo non potrebbe avvenire se il paziente si presentasse davanti ad un computer in assenza di un professionista della lettura. Su questa linea si potrebbe andare avanti all’infinito, con esempi anche più complessi, ma sempre caratterizzati dal fatto che la IA in medicina è destinata a rappresentare sempre “il mondo di mezzo” che svolgerà una funzione indispensabile nell’amplificare il potere di accumulo e interpretazione razionale delle informazioni e delle evidenze, ma la cui possibilità di sopravvivere sarà sempre condizionata dall’intervento indispensabile di “intelligenze naturali” che stanno e staranno collocate all’inizio ed alla fine del percorso di erudizione di questa indispensabile espansione della nostra capacità di archiviazione logico-funzionale, ma la intelligenza è una altra cosa.

 

Autore/i: Claudio Borghi

Professore Ordinario di Medicina Interna, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Università di Bologna, Direttore Unità Operativa Complessa di Medicina Interna, Policlinico di Sant’Orsola, Bologna

Tabella 1

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