Home>Magazine>PCR 3_2022>Importanza dell’automisurazione domiciliare della pressione arteriosa nella gestione ottimale dell’ipertensione nell’anziano

Comment to Luciano Terranova, Emma Provoli, Paolo Tosoni, Marta Brocco, Francesco Pedelini, Giorgia Cecchini

UOC Geriatria, Ospedale Fracastoro, San Bonifacio - Verona

La popolazione anziana rappresenta il segmento di popolazione a più rapida crescita nel mondo occidentale. Negli Stati Uniti, ad esempio, le stime al 2060 proiettano la popolazione degli ultrasessantacinquenni a costituire un quarto della popolazione, un quinto di essi saranno ultraottantenni (1). L’ipertensione arteriosa è estremamente frequente nella popolazione geriatrica dove rappresenta una delle principali cause di mortalità, morbilità e disabilità. Il rischio di sviluppare ipertensione nel corso della vita residua nella popolazione di mezza età è di circa il 90% (2). A conferma di ciò, un campione di individui di 85 e 90 del Jerusalem Longitudinal study, rappresentativo della popolazione la quota di paziente ipertesi era pari al 91% e all’88%, rispettivamente (3,4). È evidente, quindi, che larga maggioranza dei clinici si deve confrontare con la gestione dell’ipertensione nell’anziano.

La popolazione geriatrica è estremamente eterogenea in quanto alcuni individui sono inquadrabili come robusti come gli individui di mezza età mentre altri presentano un aumentato rischio di sviluppare declino cognitivo e riduzione dell’autonomia funzionale, soprattutto dopo gli 80 anni (5,6) (Figura 1). Non di rado i medici mostrano qualche titubanza nel trattare l’ipertensione nel paziente anziano in ragione della frequente coesistenza di molteplici condizioni morbose con conseguenti politerapie. Invero, alcune evidenze meta-analitiche avevano suggerito la possibilità che il trattamento antipertensivo negli ottuagenari potesse ridurre il rischio di ictus e di malattie cardiovascolari a prezzo di un aumento della mortalità per tutte le cause (7). La pubblicazione dei risultati dello studio Hypertension in the Very Elderly Trial (HYVET), primo studio controllato condotto negli ultraottantenni, ha prodotto la prova definitiva che anche nel paziente iperteso anziano il trattamento antipertensivo è in grado di ridurre gli eventi cardiovascolari e la mortalità per tutte le causa tanto che lo studio era stato interrotto in anticipo per evidente beneficio del trattamento antipertensivo (8). Nonostante queste robuste evidenze, una consensus di esperti pubblicata subito dopo lo studio HYVET tornava a fornire elementi di incertezza in merito all’opportunità di trattare o meno l’ipertensione nei soggetti molto anziani. Più recentemente, la pubblicazione della sottoanalisi del Systolic Blood Pressure Intervention Trial (SPRINT) relativa ai soggetti ultrasettantacinquenni ha prodotto nuove evidenze di efficacia della terapia antipertensiva anche nel soggetto anziano (9). Lo studio prevede l’assegnazione dei pazienti ipertesi ad un target di pressione sistolica intesivo (<120 mmHg) o standard (<140 mmHg). Il trattamento antipertensivo intensivo ha determinato una riduzione della mortalità per tutte le cause del 27% oltre che di altri importanti outcome anche nei soggetti anziani (età media: 80 anni). Nonostante queste evidenze, una nuova consensus di esperti pubblicata subito dopo il risultati dello studio SPRINT suggeriva cautela nel trattare in modo intensivo gli anziani fragili in ragione di possibili effetti negativi sulle funzioni cognitive e sullo stato di salute in generale (10). Invero, questo atteggiamento di cautela suggerito dalle raccomandazioni di esperti non appare immediatamente comprensibile viste le evidenze di efficacia del trattamento antipertensivo anche nell’anziano prodotte dagli studi clinici randomizzati controllati che rappresentano il massimo livello di evidenza scientifica. Invero, la larga maggioranza degli studi osservazionali fornisce risultati dissimili rispetto a quelli derivanti dagli studi randomizzati controllati, non evidenziano alcun concreto vantaggio dalla riduzione della pressione arteriosa ed arrivando addirittura a suggerire una prognosi migliore nei pazienti anziani con ipertensione non trattata o non controllata dalla terapia (3,4,11-17). Invero, un tentativo di riconciliare queste evidenze scientifiche cosi discrepanti era stato proposto già una decina di anni orsono da Odden e colleghi (18) che analizzando i dati della survery NHANES aveva descritto un impatto prognostico sfavorevole negli elevati livelli tensivi nei soggetti anziani che avevano una buona velocità dell’andatura laddove gli elevati livelli pressori risultavano associati ad una prognosi migliore nei soggetti con andatura rallentata. Analogamente, la forza pressione, misurata con l’handgrip test, è in grado di modificare anch’essa la relazione tra pressione ed outcome cardiovascolari nel paziente iperteso (19). Sulla base di queste e molte altre evidenze simili i ricercatori degli studi HYVET e SPRINT hanno pensato di valutare l’impatto della fragilità sull’efficacia protettiva della terapia antipertensiva nei soggetti anziani senza derivarne, invero, alcune segnale di decremento dell’efficacia protettiva anche negli anziani fragili (20,21). Invero, in entrambi gli studi la larga maggioranza dei pazienti arruolati presentavano un livello di fragilità decisamente modesto, tale da non condizionare in modo rilevante la prognosi dei pazienti anziani. Del tutto recentemente, Murakami et al. (22) hanno prodotto l’interessante che la relazione tra stato funzionale dell’anziano iperteso, misurato con il questionario Medical Outcome Study, possa essere notevolmente condizionata dal tipo di misurazione pressoria effettuata. Lo studio ha, infatti, dimostrato un notevole potere predittivo nei confronti degli eventi cardiovascolari per la pressione arteriosa misurata al domicilio ma non per la pressione misurata in ambito clinico. Una possibile interpretazione di questo singolare discrepanza può essere ricondotta al fatto che la misurazione domiciliare della pressione arteriosa riesce ad inquadrare in modo più preciso il paziente in un contesto di normotensione o di ipertensione (23). Questo aspetto appare particolarmente rilevante se si considera che la risposta pressoria alla misurazione, comunemente nota come effetto camice bianco, possa essere particolarmente esagerata nel paziente anziano. Nello studio HYVET, ad esempio, questo effetto è risultato stimato essere circa 32 mmHg per la pressione sistolica e 10 mmHg per la pressione diastolica (24). La possibilità di inquadrare al meglio delle nostre possibilità i reali valori pressori del paziente ricorrendo all’automisurazione della pressione arteriosa è particolarmente importante nell’anziano iperteso in ragione della maggiore suscettibilità di questi pazienti ai possibili effetti indesiderati del trattamento antipertensivo legati a riduzione pressorie eccessive e/o di ipotensione ortostatica iatrogena (VB). Non sorprende che questo tipo di approccio diagnostico cominci ad essere utilizzato anche negli studi clinici controllati. Nello studio SPRINT le misurazioni pressorie effettuate in presenza di operatore (attended) riguardavano circa un quarto dei participanti, quelle in assenza dell’operatore (unattended) circa la metà dei partecipanti, mentre i partecipanti lasciati da soli esclusivamente nel periodo di riposo (cioè mentre attendevano che la pressione venisse misurata automaticamente) oppure esclusivamente durante la misurazione pressoria vera e propria (partially unattended) rappresentavano circa un quarto dei partecipanti (26). In buona sostanza lo studio SPRINT è stato il primo studio di ampie dimensioni a prevedere che la pressione venisse nella maggioranza dei casi rilevata direttamente dal paziente in un contesto che sostanzialmente poteva replica l’automisurazione domiciliare della pressione arteriosa. È lecito, quindi, ipotizzare, che nella misurazione della pressione nello studio SPRINT debba essere considerata l’assenza di un “effetto camice bianco” che potrebbe giustificare differenze di valori pressori misurati anche di 15 mmHg rispetto alla tradizionale misurazione “office” adottata in tutti gli altri trial clinici (27). È evidente, quindi, che la valutazione della riposta al trattamento antipertensivo basato sull’automisurazione domiciliare della pressione arteriosa si viene a configurare come lo strumento ideale per trasferire “a casa del paziente” iperteso le evidenze, prodotte dalla studio SPRINT, di una particolare efficacia protettiva dei bassi valori pressori automisurati (27). Analogamente, nello studio Strategy of Blood Pressure Intervention in the Elderly Hypertensive Patients trial, che ha dimostrato la maggiore efficacia protettiva del trattamento antipertensivo intensivo (<110 mmHg) rispetto a quello standard (<130 mmHg) anche nel paziente anziano, la misurazione pressoria veniva effettuata autonomamente dal paziente in ambito domiciliare utilizzando uno strumento automatico validato interfacciato con uno smartphone per trasmette le misurazione ad un centro di raccolta dati (28). Appare, quindi, del tutto condivisibile la posizione delle linee guida sulla gestione dell’ipertensione arteriosa che opportunamente raccomandano l’uso dell’automisurazione della pressione arteriosa sia ai fini diagnostici – definizione della presenza di ipertensione arteriosa, di “ipertensione da camice bianco” o di “ipertensione mascherata” (Figura 2) – che per monitorizzare risposta al trattamento (23,29,30).

Ovviamente, parlando di anziani non può non essere sottolineata l’importanza del requisito di semplicità che devono avere gli strumenti automatici per la misurazione pressoria che ne consenta l’agevole utilizzo anche in soggetti con diversa circonferenza brachiale. Un misuratore ideale, inoltre, non dovrebbe di eventuali malposizionamenti dovuti ad una destrezza non sempre ottimale. Fortunatamente la ricerca tecnologica ha reso oggi disponibili speciali manicotti – quali l’Intelli-wrap-cuff in dotazione con il misuratore automatico Omron M6 comfort-IT – in grado di misurare correttamente la pressione arteriosa fino a 42 cm di circonferenza brachiale. Queste speciale manicotto, peraltro, consente di rilevare la pressione con accuratezza senza risentire di un eventuale malposizionamento a livello del braccio, elemento che invece può determinare una non trascurabile variabilità delle rilevazioni pressorie. Questo aspetto appare non poco rilevante perchè il posizionamento non adeguato del bracciale rappresenta uno degli errori metodologici più spesso compiuti dal paziente e può portare ad una significativa sovrastima dei valori pressori. Mediamente un paziente su tre non posiziona correttamente la zona rilevatrice del bracciale rispetto all’arteria omerale. Un’ulteriore implementazione della misurazione domiciliare della pressione arteriosa è rappresentato dalla possibilità, offerta dai moderni dispositivi, del telemonitoraggio in remoto dei valori pressori misurati a livello domiciliare. In effetti la teletrasmissione a distanza dei dati automisurati si è dimostrata in grado di favorire un migliore controllo dell’ipertensione arteriosa (31).

 

Conclusioni

Da alcuni anni a questa parte si sta assistendo ad una diffusione sempre più ampia della misurazione della pressione arteriosa al domicilio, ormai impiegata in modo sempre più esteso nella pratica clinica per valutare il profilo pressorio individuale al di fuori dello studio medico, grazie ai suoi numerosi vantaggi rispetto alla misurazione in ambiente clinico della pressione arteriosa, ed al rapido sviluppo di strumenti automatici precisi, accurati ed economicamente accessibili. Il monitoraggio pressorio domiciliare consente una migliore gestione della terapia antipertensiva in quando coinvolge fattivamente il paziente nella gestione della propria condizione clinica e permettere definire al meglio i reali valori pressori del paziente e la sua risposta al trattamento evitando il fenomeno della “risposta al camicie bianco” che potrebbe indurre ad inutili, se non addirittura pericolose titolazioni, della terapia. La misurazione domiciliare della pressione arteriosa, inoltre, consente anche di ridurre il fenomeno dell’inerzia terapeutica da parte del medico e motivare maggiormente il paziente nell’adesione alla terapia. L’automisurazione pressoria, infatti, rende i pazienti più consapevoli del loro livello di pressione sanguigna, aumentando la percezione della propria condizione e quindi migliorando l’aderenza ai farmaci antiipertensivi. Il presupposto fondamentale di tutto ciò è l’accuratezza della automisurazione pressoria che può essere garantita soltanto da un adeguato training del paziente da parte del medico o di un infermiere e, senza dubbio, anche dall’uso di apparecchiature validate perché “dare i numeri” è cosa ben diversa dal rilevare numeri.

 

 

Bibliografia

  1. https://www.census.gov/population/projections/data/national/2014/summarytables.html
  2. Vasan RS, Beiser A, Seshadri S, et al. Residual lifetime risk for developing hypertension in middleaged women and men: the Framingham Heart Study. JAMA 2002; 287:1003–1010.
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  4. Stessman J, Bursztyn M, Gershinsky Y, et al. Hypertension and its treatment at age 90 years: is there an association with 5-year mortality? J Am Med Dir Assoc 2017;18:277e.13–1277.e19.
  5. Kleipool EE, Dorresteijn JA, Smulders YM et a. Treatment of hypercholesterolaemia in older adults calls for a patient-centred approach. 2020 Feb;106(4):261-266
  6. Jacobs JM, Maaravi Y, Cohen A, Bursztyn M, Ein Mor E, Stessman J. The changing profile of health and function from age 70–85. Gerontology 2012; 58:313–321.
  7. Bejan-Angoulvant T, Saadatian-Elahi M, Wright JM, et al. Treatment of hypertension in patients 80 years and older: the lower the better? A meta-analysis of randomized controlled trials. J Hypertens 2010; 28:1366–1372.
  8. Beckett NS, Peters R, Fletcher AE, et al., HYVET Study Group. Treatment of hypertension in patients 80 years of age or older. N Engl J Med 2008; 358:1887–1898.
  9. Williamson JD, Supiano MA, Applegate WB, et al., SPRINT Research Group. Intensive vs standardized blood pressure control and cardiovascular disease outcomes in adults aged >75 years: a randomized clinical trial. JAMA 2016; 315:2673–2682.
  10. Benetos A, Bulpitt CJ, Petrovic M, et al. An expert opinion from the European Society of Hypertension-European Union Geriatric Medicine Society Working Group on the management of hypertension in very old, frail subjects. Hypertension 2016; 67:820–825.
  11. Mattila K, Haavisto M, Rajala S, et al. Blood pressure and five-year survival in the very old. BMJ 1988; 296:887–889.
  12. Langer RD, Ganiats TG, Barrett-Connor E. Paradoxical survival of elderly men with high blood pressure. BMJ 1989; 298:1356–1357.
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  14. Rastas S, Pirttila T, Viramo P, et al. Association between blood pressure and survival over 9 years in a general population aged 85 and older. J Am Geriatr Soc 2006; 54:912– 918.
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  17. Ogliaru G, Westendorp RG, Muller M, et al. Blood pressure and ten-year mortality risk in the Milan Geriatrics 75þ Cohort Study: role of functional and cognitive status. Age Ageing 2015; 44:932–937.
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  19. Wu C, Smit E, Peralta CA, et al. Functional status modifies the association of blood pressure with death in elders: health and retirement study. J Am Geriatr Soc 2017; [Epub ahead ofprint].
  20. Warwick J, Falaschetti E, Rockwood K, et al. No evidence that frailty modifies the positive impact of antihypertensive treatment in very elderly people: an investigation of the impact of frailty upon treatment effect in the Hypertension in the Very Elderly Trial (HYVET) study, a double-blind placebo-controlled study of antihypertensives in people with hypertension aged 80 and over. BMC Med 2015; 13:78.
  21. Pajewski NM, Williamson JD, Applegate WB, et al. Characterizing frailty status in the systolic blood pressure intervention trial. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2016; 71:649–655.
  22. Murakami K, Asayama K, Satoh M, et al. Home blood pressure predicts stroke incidence among older adults with impaired physical function: the Ohasama study. J Hypertens 2017;35:2395–2401
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  24. Bulpitt CJ, Beckett N, Peters R, et al. Does white coat hypertension require treatment over age 80?: results of the hypertension in the very elderly trial ambulatory blood pressure side project. Hypertension 2013; 61:89–94.
  25. Bavishi C, Bangalore S, Messerly FH. Outcomes of Intensive Blood Pressure Lowering in Older Hypertensive Patients. J Am Coll Cardiol 2017;69(5):486-493.
  26. Wright JT Jr, Williamson JD, Whelton PK, et al; SPRINT Research Group. A randomized trial of intensive versus standard blood-pressure control. N Engl J Med. 2015;373(22):2103-2116.
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  28. Zangh W, Zhang S, Deng Y et al. Trial of Intensive Blood-Pressure Control in Older Patients with Hypertension. N Engl J Med 2021;385:1268-79.
  29. Whelton PK, Carey RM, AronowWS, et al. 2017 ACC/AHA/AAPA/ABC/ACPM/AGS/APhA/ASH/ASPC/NMA/PCNA Guideline for the Prevention, Detection, Evaluation, and Management of High Blood Pressure in Adults: Executive Summary: A Report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Clinical Practice Guidelines. Hypertension. 2018;71(6):1269-1324.
  30. Parati G, Stergiou GS, Asmar R, et al. European Society of Hypertension guidelines for blood pressure monitoring at home: a summary report of the Second International Consensus Conference on Home Blood Pressure Monitoring. J Hypertens 2008;26(8):1505-26.
  31. Parati G, Omboni S, Albini F, et al. Home blood pressure telemonitoring improves hypertension control in general practice. The TeleBPCare study. J Hypertens 2009;27(1):198-203.

Autore/i: Luciano Terranova, Emma Provoli, Paolo Tosoni, Marta Brocco, Francesco Pedelini, Giorgia Cecchini

UOC Geriatria, Ospedale Fracastoro, San Bonifacio - Verona

Figura 1
Figura 2
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Comment to Luciano Terranova, Emma Provoli, Paolo Tosoni, Marta Brocco, Francesco Pedelini, Giorgia Cecchini

UOC Geriatria, Ospedale Fracastoro, San Bonifacio - Verona

La popolazione anziana rappresenta il segmento di popolazione a più rapida crescita nel mondo occidentale. Negli Stati Uniti, ad esempio, le stime al 2060 proiettano la popolazione degli ultrasessantacinquenni a costituire un quarto della popolazione, un quinto di essi saranno ultraottantenni (1). L’ipertensione arteriosa è estremamente frequente nella popolazione geriatrica dove rappresenta una delle principali cause di mortalità, morbilità e disabilità. Il rischio di sviluppare ipertensione nel corso della vita residua nella popolazione di mezza età è di circa il 90% (2). A conferma di ciò, un campione di individui di 85 e 90 del Jerusalem Longitudinal study, rappresentativo della popolazione la quota di paziente ipertesi era pari al 91% e all’88%, rispettivamente (3,4). È evidente, quindi, che larga maggioranza dei clinici si deve confrontare con la gestione dell’ipertensione nell’anziano.

La popolazione geriatrica è estremamente eterogenea in quanto alcuni individui sono inquadrabili come robusti come gli individui di mezza età mentre altri presentano un aumentato rischio di sviluppare declino cognitivo e riduzione dell’autonomia funzionale, soprattutto dopo gli 80 anni (5,6) (Figura 1). Non di rado i medici mostrano qualche titubanza nel trattare l’ipertensione nel paziente anziano in ragione della frequente coesistenza di molteplici condizioni morbose con conseguenti politerapie. Invero, alcune evidenze meta-analitiche avevano suggerito la possibilità che il trattamento antipertensivo negli ottuagenari potesse ridurre il rischio di ictus e di malattie cardiovascolari a prezzo di un aumento della mortalità per tutte le cause (7). La pubblicazione dei risultati dello studio Hypertension in the Very Elderly Trial (HYVET), primo studio controllato condotto negli ultraottantenni, ha prodotto la prova definitiva che anche nel paziente iperteso anziano il trattamento antipertensivo è in grado di ridurre gli eventi cardiovascolari e la mortalità per tutte le causa tanto che lo studio era stato interrotto in anticipo per evidente beneficio del trattamento antipertensivo (8). Nonostante queste robuste evidenze, una consensus di esperti pubblicata subito dopo lo studio HYVET tornava a fornire elementi di incertezza in merito all’opportunità di trattare o meno l’ipertensione nei soggetti molto anziani. Più recentemente, la pubblicazione della sottoanalisi del Systolic Blood Pressure Intervention Trial (SPRINT) relativa ai soggetti ultrasettantacinquenni ha prodotto nuove evidenze di efficacia della terapia antipertensiva anche nel soggetto anziano (9). Lo studio prevede l’assegnazione dei pazienti ipertesi ad un target di pressione sistolica intesivo (<120 mmHg) o standard (<140 mmHg). Il trattamento antipertensivo intensivo ha determinato una riduzione della mortalità per tutte le cause del 27% oltre che di altri importanti outcome anche nei soggetti anziani (età media: 80 anni). Nonostante queste evidenze, una nuova consensus di esperti pubblicata subito dopo il risultati dello studio SPRINT suggeriva cautela nel trattare in modo intensivo gli anziani fragili in ragione di possibili effetti negativi sulle funzioni cognitive e sullo stato di salute in generale (10). Invero, questo atteggiamento di cautela suggerito dalle raccomandazioni di esperti non appare immediatamente comprensibile viste le evidenze di efficacia del trattamento antipertensivo anche nell’anziano prodotte dagli studi clinici randomizzati controllati che rappresentano il massimo livello di evidenza scientifica. Invero, la larga maggioranza degli studi osservazionali fornisce risultati dissimili rispetto a quelli derivanti dagli studi randomizzati controllati, non evidenziano alcun concreto vantaggio dalla riduzione della pressione arteriosa ed arrivando addirittura a suggerire una prognosi migliore nei pazienti anziani con ipertensione non trattata o non controllata dalla terapia (3,4,11-17). Invero, un tentativo di riconciliare queste evidenze scientifiche cosi discrepanti era stato proposto già una decina di anni orsono da Odden e colleghi (18) che analizzando i dati della survery NHANES aveva descritto un impatto prognostico sfavorevole negli elevati livelli tensivi nei soggetti anziani che avevano una buona velocità dell’andatura laddove gli elevati livelli pressori risultavano associati ad una prognosi migliore nei soggetti con andatura rallentata. Analogamente, la forza pressione, misurata con l’handgrip test, è in grado di modificare anch’essa la relazione tra pressione ed outcome cardiovascolari nel paziente iperteso (19). Sulla base di queste e molte altre evidenze simili i ricercatori degli studi HYVET e SPRINT hanno pensato di valutare l’impatto della fragilità sull’efficacia protettiva della terapia antipertensiva nei soggetti anziani senza derivarne, invero, alcune segnale di decremento dell’efficacia protettiva anche negli anziani fragili (20,21). Invero, in entrambi gli studi la larga maggioranza dei pazienti arruolati presentavano un livello di fragilità decisamente modesto, tale da non condizionare in modo rilevante la prognosi dei pazienti anziani. Del tutto recentemente, Murakami et al. (22) hanno prodotto l’interessante che la relazione tra stato funzionale dell’anziano iperteso, misurato con il questionario Medical Outcome Study, possa essere notevolmente condizionata dal tipo di misurazione pressoria effettuata. Lo studio ha, infatti, dimostrato un notevole potere predittivo nei confronti degli eventi cardiovascolari per la pressione arteriosa misurata al domicilio ma non per la pressione misurata in ambito clinico. Una possibile interpretazione di questo singolare discrepanza può essere ricondotta al fatto che la misurazione domiciliare della pressione arteriosa riesce ad inquadrare in modo più preciso il paziente in un contesto di normotensione o di ipertensione (23). Questo aspetto appare particolarmente rilevante se si considera che la risposta pressoria alla misurazione, comunemente nota come effetto camice bianco, possa essere particolarmente esagerata nel paziente anziano. Nello studio HYVET, ad esempio, questo effetto è risultato stimato essere circa 32 mmHg per la pressione sistolica e 10 mmHg per la pressione diastolica (24). La possibilità di inquadrare al meglio delle nostre possibilità i reali valori pressori del paziente ricorrendo all’automisurazione della pressione arteriosa è particolarmente importante nell’anziano iperteso in ragione della maggiore suscettibilità di questi pazienti ai possibili effetti indesiderati del trattamento antipertensivo legati a riduzione pressorie eccessive e/o di ipotensione ortostatica iatrogena (VB). Non sorprende che questo tipo di approccio diagnostico cominci ad essere utilizzato anche negli studi clinici controllati. Nello studio SPRINT le misurazioni pressorie effettuate in presenza di operatore (attended) riguardavano circa un quarto dei participanti, quelle in assenza dell’operatore (unattended) circa la metà dei partecipanti, mentre i partecipanti lasciati da soli esclusivamente nel periodo di riposo (cioè mentre attendevano che la pressione venisse misurata automaticamente) oppure esclusivamente durante la misurazione pressoria vera e propria (partially unattended) rappresentavano circa un quarto dei partecipanti (26). In buona sostanza lo studio SPRINT è stato il primo studio di ampie dimensioni a prevedere che la pressione venisse nella maggioranza dei casi rilevata direttamente dal paziente in un contesto che sostanzialmente poteva replica l’automisurazione domiciliare della pressione arteriosa. È lecito, quindi, ipotizzare, che nella misurazione della pressione nello studio SPRINT debba essere considerata l’assenza di un “effetto camice bianco” che potrebbe giustificare differenze di valori pressori misurati anche di 15 mmHg rispetto alla tradizionale misurazione “office” adottata in tutti gli altri trial clinici (27). È evidente, quindi, che la valutazione della riposta al trattamento antipertensivo basato sull’automisurazione domiciliare della pressione arteriosa si viene a configurare come lo strumento ideale per trasferire “a casa del paziente” iperteso le evidenze, prodotte dalla studio SPRINT, di una particolare efficacia protettiva dei bassi valori pressori automisurati (27). Analogamente, nello studio Strategy of Blood Pressure Intervention in the Elderly Hypertensive Patients trial, che ha dimostrato la maggiore efficacia protettiva del trattamento antipertensivo intensivo (<110 mmHg) rispetto a quello standard (<130 mmHg) anche nel paziente anziano, la misurazione pressoria veniva effettuata autonomamente dal paziente in ambito domiciliare utilizzando uno strumento automatico validato interfacciato con uno smartphone per trasmette le misurazione ad un centro di raccolta dati (28). Appare, quindi, del tutto condivisibile la posizione delle linee guida sulla gestione dell’ipertensione arteriosa che opportunamente raccomandano l’uso dell’automisurazione della pressione arteriosa sia ai fini diagnostici – definizione della presenza di ipertensione arteriosa, di “ipertensione da camice bianco” o di “ipertensione mascherata” (Figura 2) – che per monitorizzare risposta al trattamento (23,29,30).

Ovviamente, parlando di anziani non può non essere sottolineata l’importanza del requisito di semplicità che devono avere gli strumenti automatici per la misurazione pressoria che ne consenta l’agevole utilizzo anche in soggetti con diversa circonferenza brachiale. Un misuratore ideale, inoltre, non dovrebbe di eventuali malposizionamenti dovuti ad una destrezza non sempre ottimale. Fortunatamente la ricerca tecnologica ha reso oggi disponibili speciali manicotti – quali l’Intelli-wrap-cuff in dotazione con il misuratore automatico Omron M6 comfort-IT – in grado di misurare correttamente la pressione arteriosa fino a 42 cm di circonferenza brachiale. Queste speciale manicotto, peraltro, consente di rilevare la pressione con accuratezza senza risentire di un eventuale malposizionamento a livello del braccio, elemento che invece può determinare una non trascurabile variabilità delle rilevazioni pressorie. Questo aspetto appare non poco rilevante perchè il posizionamento non adeguato del bracciale rappresenta uno degli errori metodologici più spesso compiuti dal paziente e può portare ad una significativa sovrastima dei valori pressori. Mediamente un paziente su tre non posiziona correttamente la zona rilevatrice del bracciale rispetto all’arteria omerale. Un’ulteriore implementazione della misurazione domiciliare della pressione arteriosa è rappresentato dalla possibilità, offerta dai moderni dispositivi, del telemonitoraggio in remoto dei valori pressori misurati a livello domiciliare. In effetti la teletrasmissione a distanza dei dati automisurati si è dimostrata in grado di favorire un migliore controllo dell’ipertensione arteriosa (31).

 

Conclusioni

Da alcuni anni a questa parte si sta assistendo ad una diffusione sempre più ampia della misurazione della pressione arteriosa al domicilio, ormai impiegata in modo sempre più esteso nella pratica clinica per valutare il profilo pressorio individuale al di fuori dello studio medico, grazie ai suoi numerosi vantaggi rispetto alla misurazione in ambiente clinico della pressione arteriosa, ed al rapido sviluppo di strumenti automatici precisi, accurati ed economicamente accessibili. Il monitoraggio pressorio domiciliare consente una migliore gestione della terapia antipertensiva in quando coinvolge fattivamente il paziente nella gestione della propria condizione clinica e permettere definire al meglio i reali valori pressori del paziente e la sua risposta al trattamento evitando il fenomeno della “risposta al camicie bianco” che potrebbe indurre ad inutili, se non addirittura pericolose titolazioni, della terapia. La misurazione domiciliare della pressione arteriosa, inoltre, consente anche di ridurre il fenomeno dell’inerzia terapeutica da parte del medico e motivare maggiormente il paziente nell’adesione alla terapia. L’automisurazione pressoria, infatti, rende i pazienti più consapevoli del loro livello di pressione sanguigna, aumentando la percezione della propria condizione e quindi migliorando l’aderenza ai farmaci antiipertensivi. Il presupposto fondamentale di tutto ciò è l’accuratezza della automisurazione pressoria che può essere garantita soltanto da un adeguato training del paziente da parte del medico o di un infermiere e, senza dubbio, anche dall’uso di apparecchiature validate perché “dare i numeri” è cosa ben diversa dal rilevare numeri.

 

 

Bibliografia

  1. https://www.census.gov/population/projections/data/national/2014/summarytables.html
  2. Vasan RS, Beiser A, Seshadri S, et al. Residual lifetime risk for developing hypertension in middleaged women and men: the Framingham Heart Study. JAMA 2002; 287:1003–1010.
  3. Jacobs JM, Stessman J, Ein-Mor E, et al. Hypertension and 5 year mortality among 85 year olds: the Jerusalem Longitudinal Study. J Am Med Dir Assoc 2012; 13:759.e1–759.e6.
  4. Stessman J, Bursztyn M, Gershinsky Y, et al. Hypertension and its treatment at age 90 years: is there an association with 5-year mortality? J Am Med Dir Assoc 2017;18:277e.13–1277.e19.
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Autore/i: Luciano Terranova, Emma Provoli, Paolo Tosoni, Marta Brocco, Francesco Pedelini, Giorgia Cecchini

UOC Geriatria, Ospedale Fracastoro, San Bonifacio - Verona

Figura 1
Figura 2

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