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Comment to Giovambattista Desideri

Dipartimento di Medicina Clinica Sanità Pubblica Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università degli Studi dell’Aquila

Le malattie cardiovascolari continuano a rappresentare la principale causa di mortalità e morbilità nel mondo (1,2,3). Nonostante la disponibilità di strategie di intervento efficaci e ben tollerate, la ricorrenza degli eventi ischemici continua ad essere ancora oggi molto elevata (4,5). Uno dei principali determinati di questo insoddisfacente successo terapeutico deve essere individuato nella scarsa aderenza alle diverse strategie terapeutiche di volta in volta proposte, mediamente non superiore al 50% (6,7). Se si considera che, lapalissianamente parlando, i farmaci non funzionano in chi non li assume con adeguata regolarità, non sorprende che la scarsa aderenza terapeutica si associ ad un aumentato rischio di recidive di eventi cardiovascolari (8). Questo aspetto è di particolare rilevanza anche in considerazione del fatto che il progressivo invecchiamento della popolazione ed il miglioramento della prognosi dei pazienti dopo un primo episodio coronarico acuto ha amplificato notevolmente la popolazione di pazienti eleggibili ad una strategia di prevenzione secondaria (9,10,11).

Le barriere ad una aderenza ottimale vanno ricercate ora nelle caratteristiche del paziente, ora nell’atteggiamento del medico prescrittore, ora nell’organizzazione del sistema assistenziale, spesso con un variabile grado di corresponsabilità di questi diversi determinanti (12). Peraltro, alcune peculiarità gestionali che caratterizzano il periodo post-infarto possono in varia misura precludere la realizzazione di una prevenzione secondaria adeguata: coesistenza di comorbidità e conseguenti politerapie, necessità di trattare patologie asintomatiche che, in quanto tali, non di rado vengono sottovalutate in termini di rilevanza clinica ed età avanza (13). Indubbiamente il frazionamento delle dosi di farmaco e la complessità dello schema terapeutico impattano negativamente sull’aderenza (14). Non sorprende, quindi, l’interesse che la letteratura scientifica ha rivolto nel corso degli anni all’uso in prevenzione cardiovascolare di combinazioni precostituite di farmaci, della stessa classe o di classi diverse, che consentissero da un lato di semplificare gli schemi terapeutici attraverso la riduzione del numero di compresse e dall’altro di massimizzare la resa preventiva sfruttando le sinergie farmacologiche. Le sinergie terapeutiche rappresentano senza dubbio uno strumento prezioso per il clinico in quanto consentono di raggiungere target terapeutici ambiziosi utilizzando combinazioni razionali di farmaci. In ambito ipertensiologico, ad esempio, il beneficio incrementale in termini di riduzione pressoria che si ottiene aggiungendo un secondo farmaco antipertensivo di una classe diversa è 5 volte superiore rispetto a quello che si ottiene raddoppiando la dose del singolo antipertensivo (15). È evidente che un trattamento che consenta il rapido raggiungimento ed il mantenimento nel tempo

del target pressorio, che non necessiti di ripetute titolazioni delle dosi e con una tollerabilità simile al placebo, ha tutte le potenzialità per consentire l’ottimizzazione del controllo pressorio nella larga maggioranza dei pazienti ipertesi (16). Valgano a titolo esemplicativo i risultati dello studio PIANIST, che ha reclutato pazienti a rischio cardiovascolare elevato o molto elevato con ipertensione non adeguatamente controllata (17). Dopo 4 mesi di trattamento con la triplice terapia di combinazione perindopril/indapamide/amlodipina è stata osservata una significativa riduzione della pressione arteriosa, indipendentemente dal grado di ipertensione e dal tipo di trattamento precedentemente seguito (17). Queste evidenze di efficacia giustificano appieno l’uso della terapia di combinazione in associazione precostituita nella gestione dell’ipertensione nella generalità dei pazienti, anche come primo approccio terapeutico (18). Analogamente, in ambito lipidologico è ben nota la regola del 6% che prevede che per ogni raddoppio di dose di una statina si ottenga una riduzione incrementale della colesterolemia del 6% mentre l’aggiunta di un farmaco con un meccanismo di azione complementare, quale ezetimibe, determina un incremento della riduzione della colesterolemia del 15-20% (19).

La sinergia tra farmaci cardioprotettivi non riguarda soltanto l’implementazione del controllo di un determinato fattore di rischio ma ha anche importanti ricadute favorevoli in termini di protezione cardiovascolare addizionale. Nello studio Anglo-Scandinavian Cardiac Outcomes Trial-Lipid Lowering Arm (ASCOT-LLA), condotto in pazienti ad elevato rischio cardiovascolare, la combinazione perindopril/amlodipina è risultata associata rispetto alla combinazione atenololo/diuretico ad una più ampia riduzione sia della frequenza degli eventi cardiovascolari totali e delle procedure (9.1% vs 9.8%) e che dell’ictus cerebrale (2.0% vs 2.7%) (20). Il concomitante trattamento con atorvastatina ha ulteriormente amplificato queste differenze in termini di efficacia protettiva delle 2 strategie antipertensive testate nello studio determinando una riduzione dell’outcome primario del 53% nei pazienti trattati con la combinazione perindopril/amlodipina rispetto alla riduzione del 16% osservata nei pazienti trattati con la combinazione atenololo/tiazidico (20). La ricaduta pratica di questa interazione favorevole tra trattamento ipolipemizzante ed antipertensivo è evidente se si considera che l’ipercolesterolemia rappresenta il più importante amplificatore di rischio nel paziente iperteso in ragione dello spiccato sinergismo tra questi fattori di rischio nel determinare eventi cardio e cerebrovascolari (18). In linea con queste robuste evidenze scientifiche, lo studio The International Polycap Study 3 (TIPS-3) ha dimostrato una riduzione del 21% dell’outcome primario composito di morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico, ictus, arresto cardiaco rianimato, scompenso cardiaco o necessità di procedura di rivascolarizzazione nei pazienti senza storia di malattia cardiovascolare ma con un elevato score di rischio INTERHEART trattati con una combinazione di simvastatina, atenololo, idroclorotiazide, ramipril ed aspirina (Figura 2) (21). Una recente metaanalisi che ha incluso 3 ampi studi randomizzati controllati condotti in un contesto di prevenzione primaria – il succitato studio TIPS-3, lo studio Outcomes Prevention Evaluation (HOPE)–3 e lo studio Polyiran – ha confermato l’efficacia protettiva di una strategia terapeutica basata sull’uso della polipillola dimostrando una minore occorrenza di eventi cardiovascolare tra i pazienti assegnati al trattamento con polipillola rispetto al gruppo di controllo (22). Invero, pur riconoscendo l’innegabile vantaggio in termini di aderenza terapeutica che può derivare da una estrema semplificazione dello schema terapeutico, si potrebbe obiettare che l’efficacia protettiva che emerge da questi studi e dalla relativa metaanalisi sia fin troppo scontata in quanto testata contro placebo. Lo studio Secondary Prevention of Cardiovascular Disease in the Elderly (SECURE) del tutto recentemente ha prodotto una prova documentale del valore aggiunto dell’uso di una combinazione precostituita di farmaci cardioprotettivi, la polipillola per l’appunto, rispetto all’assunzione estemporanea degli stessi farmaci (23). Trattandosi di uno studio di prevenzione secondaria, infatti, non era ipotizzabile il confronto con placebo. Lo studio, randomizzato controllato, ha arruolato 2499 pazienti con storia di infarto miocardico occorso nei 6 mesi precedenti, assegnati all’uso di una polipillola che prevedeva una combinazione di aspirina (100 mg), ramipril (2.5, 5 o 10 mg) e atorvastatina (20 o 40 mg) o ad una strategia terapeutica tradizionale che prevedeva l’uso dei medesimi farmaci somministrati separatamente. L’outcome primario dello studio era un combinato di morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale di tipo 1, ictus ischemico non fatale o necessità di urgente rivascolarizzazione. L’outcome secondario principale era un composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale di tipo 1, ictus ischemico non fatale. Nel corso di una mediana di follow-up di 36 mesi nei pazienti trattati con polipillola è stata osservata una significativa riduzione del rischio dell’outcome primario del 24% (hazard ratio 0.76, intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0.60 e 0.96, p=0.02) e dell’outcome secondario (hazard ratio 0.70, intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0.54 e 0.90, p=0.005) (Figura 2). Questo vantaggio terapeutico della polipillola è risultato evidente in tutti i gruppi prespecificati: paese di arruolamento, presenza o meno di diabete mellito o insufficienza renale, pregressi eventi vascolari, sesso ed età senile (>75 anni). La frequenza degli eventi avversi è risultata simile nei 2 gruppi di trattamento mentre l’aderenza terapeutica, misurata con la Morisky Medication Adherence Scale, è risultata significativamente migliore che pazienti che assumevano la polipillola. Un elevato livello di aderenza è stato, infatti, osservato a 6 mesi nel 70.6% nel gruppo polipillola e nel 62.7% nel gruppo in trattamento tradizionale (risk ratio 1.13, intervallo di confidenza al 95% compreso tra 1.06 e 1.20) e a 24 mesi nel 74.1% nel gruppo polipillola e nel 63.2% nel gruppo in trattamento tradizionale (risk ratio 1.17, intervallo di confidenza al 95% compreso tra 1.10 e 1.25). È interessante notare come, nonostante il diverso livello di aderenza tra i 2 gruppi di trattamento, non siano state osservate differenze significative per ciò che il controllo pressorio ed i livelli di colesterolo LDL raggiunti. Invero, è lecito ipotizzare che ciò debba essere ricondotto a valori medi piuttosto bassi di queste due parametri e al disegno in aperto delle studio che può avere favorito l’adozione di stili di vita salutari. È ipotizzabile che il vantaggio terapeutico legato all’uso della polipillola possa essere dovuto almeno in parte ad effetti pleiotropici di statina e ACE-inibitore, assunti con maggiore regolarità nei pazienti assegnati al trattamento con polipillola, come pure ad una maggiore aderenza nell’assunzione di aspirina. I messaggi che si possono trarre dalla studio SECURE sono decisamente chiari: la polipillola contenente aspirina+statina+ACE-inibitore è efficace e sicura anche in prevenzione cardiovascolare secondaria e dovrebbe rappresentare lo standard terapeutico in prevenzione secondaria.

L’importanza fondamentale della semplificazione dello schema terapeutico in prevenzione cardiovascolare è stata opportunamente riconosciuta nel nostro Paese dall’autorità regolatoria che ha consentito l’immissione in commercio, oltre alle combinazioni precostituite di 2 o 3 farmaci antipertensivi a dosaggi differenziati, anche associazioni di farmaci di classi diverse. Nella riformulazione della nota 13 AIFA è specificatamente previsto l’uso della polipillola per la “prosecuzione del trattamento con statine nell’ambito di terapie di combinazione con farmaci non ipolipemizzanti, limitatamente ai pazienti adulti affetti da ipercolesterolemia primaria o iperlipidemia mista, ipertensione essenziale e/o malattia coronarica stabile, già stabilmente controllati, in modo adeguato, con atorvastatina, perindopril e amlodipina, somministrati in concomitanza e in modo estemporaneo, è ammessa la rimborsabilità della combinazione a dose fissa degli stessi principi attivi esclusivamente per i medesimi dosaggi e per il trattamento di dislipidemie già incluse nella nota 13“ (24). Invero, l’attuale disponibilità di formulazioni terapeutiche di combinazione a diversi dosaggi consente al clinico ampie possibilità di personalizzazione del trattamento per adattarlo al meglio ai diversi fenotipi di rischio cardiovascolare di volta in volta prevalenti.

In conclusione, la prevenzione cardiovascolare rappresenta ancora oggi un obiettivo prioritario di sanità pubblica in ragione dell’enorme tributo che le malattie cardiovascolari continuano a riscuotere in termini di mortalità, morbilità e disabilità. Un approccio moderno alla gestione della prevenzione cardiovascolare deve essere necessariamente integrato, tenendo conto di tutte le tessere che nel singolo paziente compongono il mosaico della prevenzione cardiovascolare. La semplificazione dello schema terapeutico attraverso l’uso di combinazioni precostituite di farmaci della stessa categoria, ad esempio antipertensivi o ipocolesterolemizzanti, o di categorie diverse rappresenta un elemento da considerare prioritariamente nella definizione della diverse strategie di intervento nel singolo paziente. Schemi terapeutici eccessivamente articolati, infatti, finiscono per ridurre inevitabilmente l’aderenza terapeutica con le conseguenti ricadute in termini di efficacia protettiva dei diversi trattamenti. L’approccio con associazioni precostituite di farmaci della stessa classe o di classi diverse (polipillola) ha senza dubbio un grande potenziale di efficacia in prevenzione cardiovascolare, primaria e secondaria, e dovrebbe rappresentare lo standard gestionale in quanto rappresenta un chiaro esempio di modernità gestionale del rischio cardiovascolare in cui il concetto di semplificazione terapeutica si coniuga perfettamente con una sinergia di efficacia protettiva, garantendo quella resa terapeutica ottimale che deve essere l’obbiettivo finale di ogni strategia di intervento.

 

 

Bibliografia

  1. GBD 2016 Causes of Death Collaborators. Global, regional, and national agesex specific mortality for 264 causes of death, 1980–2016: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2016. Lancet 2017; 390: 1151-210.
  2. GBD 2017 Causes of Death Collaborators. Global, regional, and national age-sex- specific mortality for 282 causes of death in 195 countries and territories, 1980–2017: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2017. Lancet 2018; 392: 1736-88.
  3. GBD 2017 DALYs and HALE Collaborators. Global, regional, and national disability- adjusted life-years (DALYs) for 359 diseases and injuries and healthy life expectancy (HALE) for 195 countries and territories, 1990–2017: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2017. Lancet 2018; 392: 1859-922.
  4. Ibanez B, James S, Agewall S, et al. 2017 ESC guidelines for the management of acute myocardial infarction in patients presenting with ST-segment elevation: the Task Force for the management of acute myocardial infarction in patients presenting with ST-segment elevation of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J 2018; 39: 119-77.
  5. Collet J-P, Thiele H, Barbato E, et al. 2020 ESC Guidelines for the management of acute coronary syndromes in patients presenting without persistent ST-segment segment elevation. Eur Heart J 2021; 42: 1289-367.
  6. Chowdhury R, Khan H, Heydon E, et al. Adherence to cardiovascular therapy: a meta-analysis of prevalence and clinical consequences. Eur Heart J 2013; 34: 2940-8.
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  9. Ray KK, Molemans B, Schoonen WM, et al. EU-Wide cross-sectional observational study of lipid-modifying therapy use in secondary and primary care: the DA VINCI study. Eur J Prev Cardiol 2021;28: 1279-89.
  10. Kotseva K, EUROASPIRE Investigators. The EUROASPIRE surveys: lessons learned in cardiovascular disease prevention. Cardiovasc Diagn Ther 2017; 7: 633-9.
  11. Visseren FLJ, Mach F, Smulders YM, et al. 2021 ESC guidelines on cardiovascular disease prevention in clinical practice. Eur Heart J 2021; 42: 3227-337.
  12. Castellano JM, Sanz G, Fuster V. Evolution of the polypill concept and ongoing clinical trials. Can J Cardiol 2014; 30: 520-6.
  13. Smaje A, Weston-Clark M, Raj R, et al. Factors associated with medication adherence in older patients: a systematic review. Aging Med (Milton) 2018; 1: 254-66.
  14. Caldeira D, Vaz-Carneiro A, Costa J. The impact of dosing frequency on medication adherence in chronic cardiovascular disease: systematic review and metaanalysis. Rev Port Cardiol 2014; 33: 431-7.
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  16. Gradman AH. A quarter-dose quadpill for initial treatment of hypertension. Lancet. 2017;389(10073):989-990.
  17. Tóth K; PIANIST Investigators. Antihypertensive efficacy of triple combination perindopril/indapamide plus amlodipine in high-risk hypertensives: results of the PIANIST study (Perindopril-Indapamide plus AmlodipiNe in high rISk hyperTensive patients). Am J Cardiovasc Drugs. 2014 Apr;14(2):137-45.
  18. Williams B, Mancia G, Spiering W, et al. ESC Scientific Document Group. 2018 ESC/ESH Guidelines for the management of arterial hypertension. Eur Heart J. 2018 Sep 1;39(33):3021-3104.
  19. Stein E. Results of phase I/II clinical trials with ezetimibe, a novel selective cholesterol absorption inhibitor. Eur Heart J Supp 2001; 3(Supplement E):E11-E16.
  20. Sever P, Dahlöf B, Poulter N,et al. ASCOT Steering Committee Members. Potential synergy between lipidlowering and blood-pressure-lowering in the Anglo-Scandinavian Cardiac Outcomes Trial. Eur Heart J. 2006 Dec;27(24):2982-8.
  21. Yusuf S, Joseph P, Dans A, et al. International Polycap Study 3 Investigators. Polypill with or without Aspirin in Persons without Cardiovascular Disease. N Engl J Med. 2021 Jan 21;384(3):216-228.
  22. Joseph P, Roshandel G, Gao P, et al., on behalf of the Polypill Trialists’ Collaboration. Fixed-dose combination therapies with and without aspirin for primary prevention of cardiovascular disease: an individual participant data meta-analysis. Lancet 2021;398(10306):1133-1146.
  23. Castellano JM, Pocok SJ, Bhatt AJ et al. Polypill Strategy in Secondary Cardiovascular Prevention. N Engl J Med 2022;387:967-77.
  24. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, serie generale n.238 del 10.10.2019

Autore/i: Giovambattista Desideri

Dipartimento di Medicina Clinica Sanità Pubblica Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università degli Studi dell’Aquila

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Dipartimento di Medicina Clinica Sanità Pubblica Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università degli Studi dell’Aquila

Le malattie cardiovascolari continuano a rappresentare la principale causa di mortalità e morbilità nel mondo (1,2,3). Nonostante la disponibilità di strategie di intervento efficaci e ben tollerate, la ricorrenza degli eventi ischemici continua ad essere ancora oggi molto elevata (4,5). Uno dei principali determinati di questo insoddisfacente successo terapeutico deve essere individuato nella scarsa aderenza alle diverse strategie terapeutiche di volta in volta proposte, mediamente non superiore al 50% (6,7). Se si considera che, lapalissianamente parlando, i farmaci non funzionano in chi non li assume con adeguata regolarità, non sorprende che la scarsa aderenza terapeutica si associ ad un aumentato rischio di recidive di eventi cardiovascolari (8). Questo aspetto è di particolare rilevanza anche in considerazione del fatto che il progressivo invecchiamento della popolazione ed il miglioramento della prognosi dei pazienti dopo un primo episodio coronarico acuto ha amplificato notevolmente la popolazione di pazienti eleggibili ad una strategia di prevenzione secondaria (9,10,11).

Le barriere ad una aderenza ottimale vanno ricercate ora nelle caratteristiche del paziente, ora nell’atteggiamento del medico prescrittore, ora nell’organizzazione del sistema assistenziale, spesso con un variabile grado di corresponsabilità di questi diversi determinanti (12). Peraltro, alcune peculiarità gestionali che caratterizzano il periodo post-infarto possono in varia misura precludere la realizzazione di una prevenzione secondaria adeguata: coesistenza di comorbidità e conseguenti politerapie, necessità di trattare patologie asintomatiche che, in quanto tali, non di rado vengono sottovalutate in termini di rilevanza clinica ed età avanza (13). Indubbiamente il frazionamento delle dosi di farmaco e la complessità dello schema terapeutico impattano negativamente sull’aderenza (14). Non sorprende, quindi, l’interesse che la letteratura scientifica ha rivolto nel corso degli anni all’uso in prevenzione cardiovascolare di combinazioni precostituite di farmaci, della stessa classe o di classi diverse, che consentissero da un lato di semplificare gli schemi terapeutici attraverso la riduzione del numero di compresse e dall’altro di massimizzare la resa preventiva sfruttando le sinergie farmacologiche. Le sinergie terapeutiche rappresentano senza dubbio uno strumento prezioso per il clinico in quanto consentono di raggiungere target terapeutici ambiziosi utilizzando combinazioni razionali di farmaci. In ambito ipertensiologico, ad esempio, il beneficio incrementale in termini di riduzione pressoria che si ottiene aggiungendo un secondo farmaco antipertensivo di una classe diversa è 5 volte superiore rispetto a quello che si ottiene raddoppiando la dose del singolo antipertensivo (15). È evidente che un trattamento che consenta il rapido raggiungimento ed il mantenimento nel tempo

del target pressorio, che non necessiti di ripetute titolazioni delle dosi e con una tollerabilità simile al placebo, ha tutte le potenzialità per consentire l’ottimizzazione del controllo pressorio nella larga maggioranza dei pazienti ipertesi (16). Valgano a titolo esemplicativo i risultati dello studio PIANIST, che ha reclutato pazienti a rischio cardiovascolare elevato o molto elevato con ipertensione non adeguatamente controllata (17). Dopo 4 mesi di trattamento con la triplice terapia di combinazione perindopril/indapamide/amlodipina è stata osservata una significativa riduzione della pressione arteriosa, indipendentemente dal grado di ipertensione e dal tipo di trattamento precedentemente seguito (17). Queste evidenze di efficacia giustificano appieno l’uso della terapia di combinazione in associazione precostituita nella gestione dell’ipertensione nella generalità dei pazienti, anche come primo approccio terapeutico (18). Analogamente, in ambito lipidologico è ben nota la regola del 6% che prevede che per ogni raddoppio di dose di una statina si ottenga una riduzione incrementale della colesterolemia del 6% mentre l’aggiunta di un farmaco con un meccanismo di azione complementare, quale ezetimibe, determina un incremento della riduzione della colesterolemia del 15-20% (19).

La sinergia tra farmaci cardioprotettivi non riguarda soltanto l’implementazione del controllo di un determinato fattore di rischio ma ha anche importanti ricadute favorevoli in termini di protezione cardiovascolare addizionale. Nello studio Anglo-Scandinavian Cardiac Outcomes Trial-Lipid Lowering Arm (ASCOT-LLA), condotto in pazienti ad elevato rischio cardiovascolare, la combinazione perindopril/amlodipina è risultata associata rispetto alla combinazione atenololo/diuretico ad una più ampia riduzione sia della frequenza degli eventi cardiovascolari totali e delle procedure (9.1% vs 9.8%) e che dell’ictus cerebrale (2.0% vs 2.7%) (20). Il concomitante trattamento con atorvastatina ha ulteriormente amplificato queste differenze in termini di efficacia protettiva delle 2 strategie antipertensive testate nello studio determinando una riduzione dell’outcome primario del 53% nei pazienti trattati con la combinazione perindopril/amlodipina rispetto alla riduzione del 16% osservata nei pazienti trattati con la combinazione atenololo/tiazidico (20). La ricaduta pratica di questa interazione favorevole tra trattamento ipolipemizzante ed antipertensivo è evidente se si considera che l’ipercolesterolemia rappresenta il più importante amplificatore di rischio nel paziente iperteso in ragione dello spiccato sinergismo tra questi fattori di rischio nel determinare eventi cardio e cerebrovascolari (18). In linea con queste robuste evidenze scientifiche, lo studio The International Polycap Study 3 (TIPS-3) ha dimostrato una riduzione del 21% dell’outcome primario composito di morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico, ictus, arresto cardiaco rianimato, scompenso cardiaco o necessità di procedura di rivascolarizzazione nei pazienti senza storia di malattia cardiovascolare ma con un elevato score di rischio INTERHEART trattati con una combinazione di simvastatina, atenololo, idroclorotiazide, ramipril ed aspirina (Figura 2) (21). Una recente metaanalisi che ha incluso 3 ampi studi randomizzati controllati condotti in un contesto di prevenzione primaria – il succitato studio TIPS-3, lo studio Outcomes Prevention Evaluation (HOPE)–3 e lo studio Polyiran – ha confermato l’efficacia protettiva di una strategia terapeutica basata sull’uso della polipillola dimostrando una minore occorrenza di eventi cardiovascolare tra i pazienti assegnati al trattamento con polipillola rispetto al gruppo di controllo (22). Invero, pur riconoscendo l’innegabile vantaggio in termini di aderenza terapeutica che può derivare da una estrema semplificazione dello schema terapeutico, si potrebbe obiettare che l’efficacia protettiva che emerge da questi studi e dalla relativa metaanalisi sia fin troppo scontata in quanto testata contro placebo. Lo studio Secondary Prevention of Cardiovascular Disease in the Elderly (SECURE) del tutto recentemente ha prodotto una prova documentale del valore aggiunto dell’uso di una combinazione precostituita di farmaci cardioprotettivi, la polipillola per l’appunto, rispetto all’assunzione estemporanea degli stessi farmaci (23). Trattandosi di uno studio di prevenzione secondaria, infatti, non era ipotizzabile il confronto con placebo. Lo studio, randomizzato controllato, ha arruolato 2499 pazienti con storia di infarto miocardico occorso nei 6 mesi precedenti, assegnati all’uso di una polipillola che prevedeva una combinazione di aspirina (100 mg), ramipril (2.5, 5 o 10 mg) e atorvastatina (20 o 40 mg) o ad una strategia terapeutica tradizionale che prevedeva l’uso dei medesimi farmaci somministrati separatamente. L’outcome primario dello studio era un combinato di morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale di tipo 1, ictus ischemico non fatale o necessità di urgente rivascolarizzazione. L’outcome secondario principale era un composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale di tipo 1, ictus ischemico non fatale. Nel corso di una mediana di follow-up di 36 mesi nei pazienti trattati con polipillola è stata osservata una significativa riduzione del rischio dell’outcome primario del 24% (hazard ratio 0.76, intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0.60 e 0.96, p=0.02) e dell’outcome secondario (hazard ratio 0.70, intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0.54 e 0.90, p=0.005) (Figura 2). Questo vantaggio terapeutico della polipillola è risultato evidente in tutti i gruppi prespecificati: paese di arruolamento, presenza o meno di diabete mellito o insufficienza renale, pregressi eventi vascolari, sesso ed età senile (>75 anni). La frequenza degli eventi avversi è risultata simile nei 2 gruppi di trattamento mentre l’aderenza terapeutica, misurata con la Morisky Medication Adherence Scale, è risultata significativamente migliore che pazienti che assumevano la polipillola. Un elevato livello di aderenza è stato, infatti, osservato a 6 mesi nel 70.6% nel gruppo polipillola e nel 62.7% nel gruppo in trattamento tradizionale (risk ratio 1.13, intervallo di confidenza al 95% compreso tra 1.06 e 1.20) e a 24 mesi nel 74.1% nel gruppo polipillola e nel 63.2% nel gruppo in trattamento tradizionale (risk ratio 1.17, intervallo di confidenza al 95% compreso tra 1.10 e 1.25). È interessante notare come, nonostante il diverso livello di aderenza tra i 2 gruppi di trattamento, non siano state osservate differenze significative per ciò che il controllo pressorio ed i livelli di colesterolo LDL raggiunti. Invero, è lecito ipotizzare che ciò debba essere ricondotto a valori medi piuttosto bassi di queste due parametri e al disegno in aperto delle studio che può avere favorito l’adozione di stili di vita salutari. È ipotizzabile che il vantaggio terapeutico legato all’uso della polipillola possa essere dovuto almeno in parte ad effetti pleiotropici di statina e ACE-inibitore, assunti con maggiore regolarità nei pazienti assegnati al trattamento con polipillola, come pure ad una maggiore aderenza nell’assunzione di aspirina. I messaggi che si possono trarre dalla studio SECURE sono decisamente chiari: la polipillola contenente aspirina+statina+ACE-inibitore è efficace e sicura anche in prevenzione cardiovascolare secondaria e dovrebbe rappresentare lo standard terapeutico in prevenzione secondaria.

L’importanza fondamentale della semplificazione dello schema terapeutico in prevenzione cardiovascolare è stata opportunamente riconosciuta nel nostro Paese dall’autorità regolatoria che ha consentito l’immissione in commercio, oltre alle combinazioni precostituite di 2 o 3 farmaci antipertensivi a dosaggi differenziati, anche associazioni di farmaci di classi diverse. Nella riformulazione della nota 13 AIFA è specificatamente previsto l’uso della polipillola per la “prosecuzione del trattamento con statine nell’ambito di terapie di combinazione con farmaci non ipolipemizzanti, limitatamente ai pazienti adulti affetti da ipercolesterolemia primaria o iperlipidemia mista, ipertensione essenziale e/o malattia coronarica stabile, già stabilmente controllati, in modo adeguato, con atorvastatina, perindopril e amlodipina, somministrati in concomitanza e in modo estemporaneo, è ammessa la rimborsabilità della combinazione a dose fissa degli stessi principi attivi esclusivamente per i medesimi dosaggi e per il trattamento di dislipidemie già incluse nella nota 13“ (24). Invero, l’attuale disponibilità di formulazioni terapeutiche di combinazione a diversi dosaggi consente al clinico ampie possibilità di personalizzazione del trattamento per adattarlo al meglio ai diversi fenotipi di rischio cardiovascolare di volta in volta prevalenti.

In conclusione, la prevenzione cardiovascolare rappresenta ancora oggi un obiettivo prioritario di sanità pubblica in ragione dell’enorme tributo che le malattie cardiovascolari continuano a riscuotere in termini di mortalità, morbilità e disabilità. Un approccio moderno alla gestione della prevenzione cardiovascolare deve essere necessariamente integrato, tenendo conto di tutte le tessere che nel singolo paziente compongono il mosaico della prevenzione cardiovascolare. La semplificazione dello schema terapeutico attraverso l’uso di combinazioni precostituite di farmaci della stessa categoria, ad esempio antipertensivi o ipocolesterolemizzanti, o di categorie diverse rappresenta un elemento da considerare prioritariamente nella definizione della diverse strategie di intervento nel singolo paziente. Schemi terapeutici eccessivamente articolati, infatti, finiscono per ridurre inevitabilmente l’aderenza terapeutica con le conseguenti ricadute in termini di efficacia protettiva dei diversi trattamenti. L’approccio con associazioni precostituite di farmaci della stessa classe o di classi diverse (polipillola) ha senza dubbio un grande potenziale di efficacia in prevenzione cardiovascolare, primaria e secondaria, e dovrebbe rappresentare lo standard gestionale in quanto rappresenta un chiaro esempio di modernità gestionale del rischio cardiovascolare in cui il concetto di semplificazione terapeutica si coniuga perfettamente con una sinergia di efficacia protettiva, garantendo quella resa terapeutica ottimale che deve essere l’obbiettivo finale di ogni strategia di intervento.

 

 

Bibliografia

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Autore/i: Giovambattista Desideri

Dipartimento di Medicina Clinica Sanità Pubblica Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università degli Studi dell’Aquila

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